Caro JC, trovo bello avere occasione di confrontarsi su questioni importanti attraversando qualche decennio. Invecchiando se ne comincia a soppesare l'importanza rispetto ai furiosi "flame" degli anni '90 ("quando ero giovane e fuori c'erano ancora i dinosauri" come dico a mia figlia e ai miei allievi).
Nel caso credo che sia una questione di prospettive. Mi spiego: l'evoluzione del mio punto di vista è stata inversa a quella che tu racconti: sono partito nel 1999 con una discreta fede nello Stato e nel suo ruolo di mediatore delle interazioni sociali (ruolo sempre più debole in questa fase). Vedevo lo Stato come un'alternativa valida all'esercizio della legge del più forte a colpi di clava. Oggi, insieme a questo indubbio ruolo, vedo anche il rischio che, una volta creato il mediatore, il più forte lo possa "catturare" a suo uso e consumo (vedi Musk/Trump, ma è solo l'ultimo di qualche milione di esempi). Questa mia valutazione sostanzialmente positiva dello Stato, infatti, è stata via via indebolita dalle esperienze di questi anni, e completamente devastata -per quanto riguarda nello specifico i temi nexiani- da due esperienze: - lo spietato massacro del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD), che è LEGGE dello stato, ma -magicamente- nessuno applica e tutti ignorano, quando non deridono; - i casi Schrems I e II nei quali il massimo organo (per il poco che comprendo di questioni legali) che doveva sovrintendere all'applicazione del GDPR si è espresso in maniera incontrovertibile sull'illegalità della gestione dei dati su cloud USA senza che questo producesse il benché minimo risultato pratico. Anzi, in Italia tutto il contrario. Questo mi porta a pensare che abbia ragione il mio buon amico Cosimo Scarinzi (uno dei primi sindacalisti di base italiani e professore di Filosofia in pensione) quando dice che "esiste una consolidata confusione sul tema dell'anarchia. La maggior parte delle persone pensa che sia una posizione estremista ed incendiaria, mentre in realtà non è altro che la logica conclusione a cui si giunge, per il triste privilegio dell'età, dopo aver provato invano tutto il resto". Quello che ho scritto, infatti, non è: "rivolgersi allo Stato è Male (TM)", bensì "aspettarsi cambiamenti dallo Stato è wishful thinking". Intendendo con questo che non sarà certo sufficiente per produrre cambiamenti. Negli anni 60-70 si sono ottenute molte cose interagendo con lo Stato, ma certo la modalità non era quella di firmare una petizione e tornare su Netflix. Prendendo ad esempio i sindacati, mi racconta chi c'era che le contrattazioni si svolgevano al motto di "vede signor Ministro, noi siamo qui per aiutarla, perché quelli che manifestano là fuori non ha idea che idee estreme hanno, quelli le fanno uno sciopero selvaggio". E i ministri firmavano contratti collettivi nazionali con aumenti superiori al 20%. Altra questione: "prendere atto che la strategia X non ha funzionato" è un'operazione altamente dipendente dal contesto storico, dallo zeitgeist. Come da esempio: la contrattazione collettiva ha funzionato a lungo, ora -purtroppo- sembra non funzionare più. Con buona pace di Fukuyama la storia è tutta da scrivere, quello che non ha funzionato ieri non è detto che non funzioni domani, anche perché le condizioni sono oggi totalmente diverse da quelle di ieri. Per questo credo che sia saggio, come minimo, non privarci a priori di nessuna forma d'azione, e propendo oggi maggiormente per l'esercizio diretto dell'autonomia e dell'autogestione che forse non sarà l'opzione di prima scelta per le moltitudini, ma ha il pregio di mutare a fondo la vita di chi vi s'imbarca. Senza nulla togliere ad altre forme di attivismo (qualsiasi azione politica è meglio dell'ignavia). Faccio poi notare che esiste un altro aspetto, che lavora carsicamente: non solo l'esercizio della libertà sviluppa la capacità di esercitarla, mi pare di poter dire che la libertà è contagiosa: un po' come l'allegria e diverse altre cose che rendono la vita degna d'essere vissuta. Invecchiando, per me non conta più così tanto "vincere" nel breve corso della mia esistenza, conta sempre di più con chi passo il mio tempo e soprattutto, a fare cosa. Credo infine che una società realmente aperta si basi sulla creazione di una minoranza vocale di persone che riescono a pensare ed agire con la propria testa, autonomamente, senza attendere filialmente e in buon ordine che Qualcuno (TM) risolva i problemi per loro. Un po' come le Società di Mutuo Soccorso sono state il presupposto fondamentale per l'esistenza del Servizio Sanitario Nazionale (e di molte altre cose) e le MAG sono state alla base della Banca Etica, e le sopravvivono. My 5 cents, Stefano Inviato con l'email sicura [Proton Mail](https://proton.me/mail/home). venerdì 14 marzo 2025 10:30, J.C. DE MARTIN <juancarlos.demar...@polito.it> ha scritto: > Colgo l'occasione del messaggio di Stefano, che saluto, per osservare che > dopo 40 anni di movimento del software libero credo sia davvero ora di > prendere atto che la strategia di perseguire il "bene" contando sulla > lungimiranza, l'attivismo e persino la propensione al sacrificio (parola > esplicitamente usata da Richard Stallman nel suo recente incontro a Torino) > dei singoli non ha funzionato. > > O, per essere più precisi, ha ottenuto risultati di certo lodevoli ma molto > limitati, ovvero, che toccano una ristrettissima percentuale della > popolazione. > > Chi appartiene alla ristretta cerchia degli "happy few" è - giustamente - > orgoglioso delle sue scelte e di quello che ha costruito/ottenuto, e tende > quindi a invitare tutti gli altri (il 95%? il 99%?) a fare come lui/lei. > > Questo approccio basato su una sorta di proselitismo, ovvero, "illuminiamo le > persone e incoraggiamole a fare la cosa giusta", era un approccio > comprensibile nel 1995. Anche nel 2005. Forse persino ancora nel 2010. > > Ma oggi, nel 2025, mi sembra assolutamente ora di essere realisti e ammettere > che se si ha a cuore la collettività nel suo complesso (e non solo gli "happy > few") questo approccio non ha funzionato, non funziona e non potrà mai > funzionare. > > Occorre, invece, puntare su azioni collettive per chiedere che sia lo Stato > (che il movimento del software libero, col suo orientamento ideologico > anarchico, vede con sospetto, se non con ostilità) a, in alcuni casi, > intervenire direttamente (andando contro l'ideologia neoliberale di questi > ultimi 45 anni) e, più in generale, a fare regole molto più stringenti. > > Scusate la leggera divagazione rispetto al tema della petizione, ma era un > po' che volevo condividere con voi queste riflessioni... > > jc > > On 14/03/25 08:57, Stefano Borroni Barale wrote: > >> Buongiorno lista, >> giustissimo opporsi all'invasione "militare" dell'interesse privato in un >> "luogo virtuale" che dovrebbe essere pubblico e rispettato come tale (come >> anche la scuola, e il ministero dell'istruzione, ma tant'è). Purtroppo è >> solo l'ultimo atto di una lunga catena di eventi demolitivi della scuola >> portati avanti negli ultimi 30 anni da politici di tutti gli schieramenti. >> >> Quello che mi fa specie, però, è la richiesta di una maggiore >> centralizzazione nelle mani dello Stato e -soprattutto- l'idea che per >> fermare questa deriva si possa contare sullo stesso ministero che, da >> diversi decenni, persegue la privatizzazione della scuola a prescindere da >> chi ne occupi il più altro scranno. Mi pare tanto wishful thinking, >> soprattutto in questo 2025 segnato dalla presa diretta del potere da parte >> di Silicon Valley (e qui siamo nella prima delle sue colonie). >> >> Non sarebbe forse meglio che la petizione si facesse ai Consigli d'Istituto >> e delle nostre 8574 scuole d'Italia? Questi organi, in cui siamo >> rappresentati tutte e tutti noi (studenti, genitori, docenti) hanno già il >> potere di acquistare il servizio da fornitori che lo offrono come software >> libero (sono già circolati in lista esempi, la mia lista completa la >> fornisco qui in fondo). Trovo davvero che sarebbe più educativo che noi >> cittadini si prenda in mano le redini della vita scolastica dei nostri >> figli, senza aspettare che qualche Potere Magico e Supremo metta le cose a >> posto: rimboccarsi le maniche e giù a far Politica con la P maiuscola :-) >> >> Ecco quello che ho trovato confrontandomi anche con i ragazzi del FUSS: >> >> https://gibbonedu.org/ >> >> https://www.scuola247.org/ >> >> https://github.com/iisgiua/giuaschool >> >> https://github.com/scaforchio/LAMPSchool (attualmente non in sviluppo) >> >> My 5 cents >> Stefano >> >> Inviato con l'email sicura [Proton Mail](https://proton.me/mail/home). >> >> giovedì 13 marzo 2025 07:05, J.C. DE MARTIN >> [<juancarlos.demar...@polito.it>](mailto:juancarlos.demar...@polito.it) ha >> scritto: >> >>> Registro elettronico: vogliamo una piattaforma pubblica per le scuole >>> >>> Perché questa petizione è importante >>> >>> Lanciata il 10 marzo 2025 da [Comitato Registro Elettronico >>> Pubblico](https://www.change.org/u/1367592587) >>> >>> https://www.change.org/p/registro-elettronico-vogliamo-una-piattaforma-pubblica-per-le-scuole-5d33ab9a-c0f9-46ca-89e6-8e897a6155a9 >>> >>> Dall’anno scolastico 2012/2013 il Registro Elettronico è obbligatorio per >>> legge anche come strumento di comunicazione ufficiale con le famiglie. >>> >>> Oggi però non è un servizio pubblico ed è fornito da aziende private a cui >>> le singole autonomie scolastiche pagano un canone annuale; quindi il >>> Registro Elettronico cambia da una scuola all’altra. >>> >>> Inoltre "[La >>> Stampa](https://www.lastampa.it/politica/2025/03/07/news/registro_scolastico_elettronico_pubblicita_valditara-15039415/?ref=LSHA-BH-P1-S1-T1)" >>> negli scorsi giorni ha fatto emergere una deriva preoccupante data dalla >>> natura privata, frammentata e non regolamentata del Registro Elettronico: >>> l’inserimento in una delle app, di una singola azienda, per la gestione del >>> registro, di contenuti extra comprendenti giochi (visualizzati in forma di >>> feed a imitazione dei social network) e presentazione di servizi >>> commerciali quali tutoraggio online, consulenze psicoterapeutiche, corsi di >>> lingua, prestiti studenteschi. >>> >>> Alla luce di questi elementi, chiediamo che il Ministero dell’Istruzione e >>> del Merito sviluppi un Registro Elettronico unico che possa essere messo a >>> disposizione delle scuole gratuitamente in modo uniforme sul territorio >>> nazionale, come già avviene in altri Paesi europei. >>> >>> Un Registro Elettronico pubblico presenta diversi vantaggi: >>> >>> - Innanzi tutto consente un risparmio per i bilanci delle scuole sui quali >>> attualmente grava il canone annuale di noleggio (con una stima >>> approssimativa di circa 5.000 euro annui per circa 7500 autonomie >>> scolastiche, oggi si spendono oltre 37 milioni di euro) >>> - Garantisce l’assenza di contenuti inappropriati e non coerenti la funzione >>> - Garantisce sicurezza nella gestione dei dati che rimarrebbero >>> esclusivamente in mano pubblica >>> - Semplifica la vita alle famiglie, ai docenti e alle segreterie >>> didattiche, evitando di dover familiarizzare e imparare a usare strumenti >>> anche molto diversi >>> - Facilita una riflessione collettiva e necessaria sulla regolamentazione >>> dell’uso del Registro Elettronico che tenga conto anche degli ultimi studi >>> nazionali e internazionali sul Benessere Digitale (per evitare che venga >>> consultato in modo compulsivo in attesa di compiti e voti) e della coerenza >>> con le Indicazioni Nazionali sulla valutazione. >>> >>> In attesa che venga realizzato un Registro Elettronico unico per tutte le >>> autonomie scolastiche, chiediamo altresì al Ministro Giuseppe Valditara che >>> vengano immediatamente elaborate delle linee guida alle quali le singole >>> aziende private debbano attenersi. >>> >>> Giovanna Garrone, genitore >>> >>> Federica Patti, genitore e insegnante