La sfida è di trovare un collante che raccoglie l’adesione di milioni di individui. Non so dare una ricetta per farlo, ma esempi di casi in cui è successo.
L’Utopia del Personal Computer, nata da una proposta di Alan Kay, che i computer dovessero servire gli individui, sprecandone anche i cicli macchina per facilitarne l'uso, anziché obbligare le persone a usare il linguaggio macchina in batch, per non sprecare alcun ciclo. Poi nacque lo Homebrew Computer Club (https://en.wikipedia.org/wiki/Homebrew_Computer_Club), e la Boston Computer Society su come costruirsi i computer in casa, il Whole Earth Catalog dove potevi comprare i componenti, poi uscì il kit dell’Altair e le prime riviste di Home Computing e migliaia di persone si dedicarono a scrivere software, progettare hardware e periferiche e a diffondere la cultura. All’inizio l’industria non capì, come quando Ken Olsen, di DEC, disse che non vedeva ragioni per avere un PC in ogni casa. Poi però, come l’intendenza, l’industria seguì, realizzando i chip, le memorie e i dischi che servivano a ottenere migliori prestazioni a minor costo. Quindi fu un’opera collettiva di milioni di persone, anche se non ufficialmente collegate. Un’altro esempio è Internet, che nacque tra un gruppo ristretto di ricercatori, e poi si diffuse con l’implementazione free di TCP/IP fatta da Bill Joy per Unix 4.2 (il cui che si ritrova anche in winsocket di Microsoft), poi la nascita di numerosi ISP indipendenti in contrasto con i grandi operatori che volevano imporre ATM, i grandi produttori televisivi che volevano fare video on demand con macchine dedicate o canali satellitari, altre aziende che volevano imporre reti proprietarie con accesso a pagamento (CompuServe, AOL, MSN di Microsoft). Milioni di persone scelsero la rete aperta e neutrale. Farlo capire alle persone fu un’operazione culturale oltre che tecnologica. — Beppe > On 25 Sep 2023, at 16:57, 380° <g...@biscuolo.net> wrote: > > Buongiorno Giuseppe, > > Giuseppe Attardi <atta...@di.unipi.it> writes: > > [...] > >> Ne ho accennato altre volte, ed è quello che chiamo modello delle >> Utopie Virtuali, ossia comunità che si organizzano in base a proprie >> regole, costituendo un bene comune, difendendolo e anche sfruttandolo >> a proprio beneficio. > > Ho già letto di questa tua proposta e ho una domanda da 5000 trilioni di > dollari (o EUR): fino a che punto le comunità possono "spingersi" a > definire le /proprie/ regole? > > Tipo: per auto-limitarmi al software (ma non dovrei, per essere serio), > io vorrei organizzarmi in una Utopia Virtuale in cui siano /totalmente/ > aboliti i brevetti (mica solo quelli software, eh), tutti i programmi > **di default** (se non c'è indicazione di copyright) siano software > libero /non copyleft/ (tipo licenza MIT o BSD), chiunque voglia > distribuire il proprio codice in forma solo binaria o senza codice > rilasciato con licenze libere debba pagare una tassa sul modello della > Tobin tax e infine chiunque voglia commercializzare qualsiasi > dispositivo elettronico o elettrotecnico sia obbligato a fornire ai > propri clienti lo schema dei circuiti, le ABI per le chiamate del kernel > *e* il codice sorgente di **tutti** i cosiddetti firmware incorporati, a > partire dal microcode della CPU, se c'è; più o meno l'analogo di quello > che faceva Geloso col suo Bollettini Tecnici [1] a cavallo della metà > del secolo scorso (non c'era il software ma John Geloso lo avrebbe > pubblicato, ne sono sicuro). > > Ho come l'impressione che sarebbe una cooperativa (o come vogliamo > chiamarla) di circa 4 gatti, per di più /squattrinati/, mentre la > Distopia Reale di tutte le BigTech mondiali con _pochi_ma_"buoni"_ > interessi concordanti continuerebbe a disporre di una ricchezza > violentemente indecorosa. > > Mi permetto una battuta: > «Quando una Utopia Virtuale incontra una Distopia Reale, l'Utopia > Virtuale è una utopia morta» > > [...] > >> Un’Utopia dovrebbe andare oltre la cooperativa, e diventare una vera >> comunità, di livello sovranazionale e di dimensioni globali, tali da >> poter fare da contraltare alla grandi multinazionali e poter competere >> e contrattare con esse. > > Quindi Utopie Virtuali (sottolineo virtuali) che operano in un sistema > multinazionale - con economia e relativi rapporti di potere inalterati - > tale e quale a quello di oggi? Delle specie di Cooperative > Multinazionali Non Governative (CMNG) ? > >> Le grandi dimensioni sono necessarie per poter avere voce in capitolo, >> dato che ohe oggi il contrasto alle multinazionali passa per le >> nazioni e per organismi sovranazionali che non sempre sono in grado di >> tenere loro testa, visti i contrasti tra gli interessi in gioco >> (es. Minimum Tax). > > Dunque: le nazioni *e* gli organismi sovranazionali non sempre > (bell'eufemismo) sono in grado di tenere testa alle multinazionali e > vovrebbero riuscirci le Mega CMNG? Tipo ONU delle Utopie Virtuali? > > Scusa, ma non si farebbe prima a riformare, o anche a radere a zero se > fosse irriformabile come temo, la stessa ONU? > >> Gli stati westfaliani nacquero nel’600, prendendo atto che non ci >> poteva mettere d’accordo >> (https://en.wikipedia.org/wiki/Westphalian_system) e quindi lasciando >> che ciascuno facesse ciò che gli pareva in casa propria. > > Quello che gli pareva? Quello che gli pareva?!?!?!? > > Cioè del tipo l'80% delle nazioni del mondo è stato /lasciato/ in pace a > fare i propri interessi in casa propria? No, dai! :-D > > Comunque è OT, perdono. > >> Ma oggi il concetto di casa, legato alla geografia, nel mondo digitale >> globale non ha più molto senso > > Anche? Cioè non ha più senso il concetto di **casa mia** (cioè la mia > sfera individuale) nel mondo globalizzato? > > Tipo «non avrai più casa tua e sarai felice» :-O > > Ma anche questo è OT, perdono di nuovo. > > In ogni caso, faccio notare che il "mondo digitale" è > /indissolubilmente/ legato alla geografia (la prima parte del termine > geopolitica), nemmeno nel fantomatico Metaverso gli individui sono > /slegati/ dalla geopolitica. > >> e le nazioni si confrontano con organismi globali più grandi di loro, >> che rappresentano gli interessi trasversali del capitalismo, non più >> dei popoli. > > Quindi stai dicendo che organismi quali ad esempio Unione Europea, WEF, > IMF, WTO, OMS, ONU non rappresentano gli interessi dei popoli ma quelli > trasversali del capitalismo? Se no, quali sarebbero questi organismi > globali, le multinazionali? > > Inoltre: organismi globali più grandi delle nazioni da contrastare con > Mega Cooperative organizzate secondo il modello di Utopia Virtuale? > > [...] > >> Sarebbe vietato ad altri raccogliere dati sulle persone, ma dovrebbero >> richiederli esplicitamente alla Utopia di appartenenza. Per esempio, >> una Utopia potrebbe concedere i dati per usi in ambito di ricerca >> medica, altre non concederli in nessun caso. > > Io non vorrei fare il Rompiscatole Utopico ma in questa Distopia Reale > ci sono enti (di solito con acronimi a 3 lettere, coincidenza!) che se > ne strafregano dei divieti: non è complottismo, è ampiamente dimostrato. > > Ma anche se non fosse così, come si farebbe a stabilire e *applicare* > regole che vietino _ad_altre_ Utopie di raccogliere dati personali senza > richiesta esplicita? > > Occorrerebbe un ente "Sovra-Utopico" per concordare le regole, verificarne > l'applicazione e comminare sanzioni in caso di mancato rispetto, giusto? > > Ma siccome anche "organismi sovranazionali non sempre sono in grado > di tenere loro (multinazionali, n.d.r.) testa, visti i contrasti tra gli > interessi in gioco", come si potrebbero conciliare i contrasti tra gli > interessi in gioco delle diverse Utopie Virtuali? > > [...] > > > Cordiali saluti, 380° > > > [1] https://www.geloso.net/pagineIT/bollettini.asp?MyVar=bollettini > > -- > 380° (Giovanni Biscuolo public alter ego) > > «Noi, incompetenti come siamo, > non abbiamo alcun titolo per suggerire alcunché» > > Disinformation flourishes because many people care deeply about injustice > but very few check the facts. 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