Sul nesso tra stupidità-ignoranza e inutilità dei diritti puntano settori 
diversi e convergenti:


- nell'economia comportamentale, sulla tesi della stupidità umana si fonda la 
difesa di un paternalismo statale coercitivo, quando la spinta gentile non sia 
sufficiente

(Sarah Conly, Against autonomy: «è corretto dire che siamo stupidi», «lasciate 
a se stesse, […] le persone si rilassano nell’inerzia e nell’irrazionalità» e 
«possono non fare

altro che guardare la televisione»; «abbiamo bisogno di interferenza esterna 
[…]. Abbiamo bisogno di aiuto»)


- nelle neuroscienze del giudizio morale, le star del settore - quali Patricia 
Churchland e Joshua Greene - traggono conseguenze normative

da qualche risonanza magnetica funzionale (alla faccia della legge di Hume, che 
ovviamente liquidano con fastidio)
e pretendono di aver dimostrato con ciò che credere nei diritti è un errore 
cognitivo;


- nelle narrazioni sull'"intelligenza artificiale", le macchine sono 
antropomorfizzate e il cervello, viceversa assimilato a una macchina;
lo stesso utilizzo di sistemi di machine learning a supporto di decisioni che 
abbiano effetti sulle vite delle persone

si fonda sull'indistinzione tra persone e cose.

E, persa questa distinzione, i diritti sono spacciati.


Un saluto,

Daniela


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Da: nexa <nexa-boun...@server-nexa.polito.it> per conto di Giacomo Tesio 
<giac...@tesio.it>
Inviato: mercoledì 21 dicembre 2022 11:59
A: anto...@piumarossa.it
Cc: nexa@server-nexa.polito.it
Oggetto: Re: [nexa] Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per 
il decennio digitale":

On Wed, 21 Dec 2022 02:59:26 -0600 anto...@piumarossa.it wrote:

> > Dal che si potrebbe dedurre che i diritti funzionali al mantenimento
> > della democrazia sono anche doveri: il popolo sovrano DEVE
> > esercitare la propria sovranità.
> > Se viola tale dovere, la pena è perderne il diritto.
>
> Ora, se dovessimo togliere i diritti a tutti coloro che violano
> questi doveri, non so quanti cittadini titolari di diritti
> rimarrebbero in Italia.

Temo di non essere stato chiaro, Antonio.

Io segnalavo semplicemente una conseguenza logica, non proponevo alcun
automatismo giuridico! Anzi!

Se non eserciti i diritti funzionali al mantenimento della democrazia,
DI FATTO, stai riducendo (temporaneamente) te stesso a qualcosa di meno
di un cittadino.

Se il cittadino è colui che partecipa attivamente alla vita politica
della Polis, chi non partecipa attivamente alla vita politica della
Polis non si comporta (in quel momento) da cittadino.

Diventa, di fatto, un suddito.
(nella migliore delle ipotesi)

Se questa condizione temporanea perdura a lungo e coinvolge una
percentuale rilevante della popolazione, ecco che lo Stato DI FATTO
smette di essere una Democrazia.

Non è un automatismo: è logica.


Che poi questa situazione di fatto possa venire cristallizzata in norme
che, supponi, riducono il suffragio (come Gramellini arrivava a
chiedere dalle sue colonne di La Stampa qualche tempo fa) può essere
più o meno probabile a seconda delle contingenze storiche.


Io provo con tutte le mie forze a scongiurare questa situazione.

Ma lo faccio proprio perché sono pienamente consapevole delle forze che
puntano (da decenni) a distruggere la democrazia (P2, GAFAM, etc..) e
dei grandi successi che hanno avuto finora.

E' giunta l'ora di contrattaccare! ;-)


> La vita sociale di una comunità, piccola o grande, è complessa. I
> rapporti tra persone, tra persone e istituzioni, tra persone e
> imprese, sono complessi, ridurne la complessità con gli automatismi è
> sbagliato perché va a scapito delle persone più deboli.

Sono pienamente d'accordo.

Ma tutte le cose veramente preziose ed importanti (la vita, l'amore, la
democrazia...) comportano il consumo di energia: non possiamo sperare
che la democrazia si difenda da sé.

E credo sia utile aiutare chi si riduce a suddito (o a ingranaggio) a
rendersi conto pienamente della propria condizione.

Poi ci sarà sicuramente persone la cui psiche è così compromessa da
rifiutare tale consapevolezza o accettarla come inevitabile.
Tipicamente gli adulti "di successo" attuano la prima reazione,
sminuendo la portata della propria schiavitù, mentre quelli
maggiormente oppressi, tendono alla seconda.

D'altro canto, a costo di risultare antipatici, è fondamentale porli di
fronte alla propria sudditanza, alla propria subalternità.
Anche se lo rifileranno ai margini della propria coscienza, la
consapevolezza di essere schiavi li tormenterà fino a farli reagire
nel momento e nel modo più imprevedibile.


Poi la mia speranza sono le persone eccezionali, quelle che non si
adattano ed anzi si dis-adattano. E i bambini, ovviamente.

Perché siamo sempre imprevedibili e possiamo diventare il sassolino
nell'ingranaggio che distrugge tutto (per poi ricostruirlo meglio).


Giacomo
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