Gentile Alberto, ho premesso che il mio scandalo si riferiva alla app, non al sermone.
dl Il giorno mar 27 giu 2023 alle ore 15:36 Alberto Cammozzo via nexa < nexa@server-nexa.polito.it> ha scritto: > Caro Don Luca, > > cosa ci scandalizza? > > Che il sermone non esca dalla persona che lo pronuncia? Non credo, ci sono > ottimi libri di sermoni nei quali -suppongo- la maggior parte dei parroci > che non si sentono teologi trovano ispirazione e conforto. Il chat-sermone > è probabilmente una summa di tali testi. > > Che chi lo pronuncia non può credere? Senza scomodare i protagonisti dei > romanzi di Bernanos, non possiamo entrare nell'intimo dei dubbi di nessun > sacerdote. > > Offende la strumentalizzazione e mercificazione della fede dei semplici? > Potrebbero non necessariamente esservi intenti fraudolenti in chi ha > proposto a quella assemblea di assistere a un sermone sintetico. Tante > assemblee sono senza pastore... E comunque, quanti banchi di mercanti non > algoritmici dentro al tempio andrebbero rivoltati? > > L'*aliud pro alio* si chiama in questo caso *precessione del simulacro*, > seguendo Baudrillard: "non una imitazione, non un raddoppiamento, nemmeno > una parodia, ma una sostituzione al reale dei segni del reale [] attraverso > un doppio operativo". Una cosa che "funziona come" fino ad un certo punto, > ma non è, e che dimostra prima o poi di non essere. > > Trovo francamente sorprendente non tanto che un fedele o un ministro del > culto voglia leggere un sermone artificiale, ma che accetti che questo > accada in una funzione sacra. Testo e contesto sono qui completamente fuori > ordine: come se il sermone facesse l'assemblea e non viceversa. O sbaglio > su quest'ordine? > > L'incapacità di discriminare, assieme alla semplice disponibilità di > strumenti per industrializzare la relazione (in questo caso religiosa) > induce ipso facto la sua industrializzazione (o il tentativo di), senza che > questo venga generalmente percepito come una sostituzione disfunzionale. > > "Tutto è zuppa", direbbe il Gurdulù di Calvino: soggettivamente non > apprezziamo più la differenza tra una espressione umana di qualsiasi genere > e un prodotto industriale, benché (soprattutto collettivamente e > socialmente) questa differenza c'è eccome! Sulle prospettive specifiche > dell'industrializzazione del sacro, trovo illuminante l'ottimo film THX1138 > (Lucas, 1971), con le cappelle-confessionali che somministrano calmanti e > archiviano/riferiscono al governo i pensieri intimi. > > Sul perché attribuiamo natura prodigiosa a questi macchinismi che sono > mistificazioni, trovo un magro conforto dottrinale nella teoria del > feticismo delle merci marxiano. > > Una merce, quindi, è una cosa misteriosa semplicemente perché in essa il > carattere sociale > del lavoro degli uomini appare loro come un carattere oggettivo impresso > sul prodotto di > quel lavoro; perché il rapporto dei produttori con la somma totale del > loro lavoro è > presentato loro come una relazione sociale, esistente non tra di loro, ma > tra i prodotti del > loro lavoro: ecco perché i prodotti del lavoro diventano merci. […] per > trovare un'analogia > dobbiamo ricorrere alle regioni avvolte dalla nebbia del mondo religioso. > In quel mondo, le > produzioni del cervello umano appaiono come esseri indipendenti dotati di > vita, ed > entrano in relazione sia tra loro che con la razza umana. Così è nel mondo > delle merci con > i prodotti delle mani degli uomini. Questo lo chiamo il feticismo che si > attacca ai prodotti > del lavoro. > Perciò, ai produttori, i rapporti sociali fra i loro lavori privati > appaiono come quel che > sono, cioè non come rapporti immediatamente sociali fra persone nei loro > lavori > medesimi, ma come rapporti materiali fra persone e rapporti sociali fra > cose. (Marx, > Capitale, 2013, 128) > > L'uomo industriale alienato trova appagante la relazione con la merce, > nella quale riconosce meglio il suo simile (parimenti alienato) che in se > stesso. > > Per cui il fedele alienato dalla sua stessa parola troverebbe nel > prodotto-sermone il motivo della sua partecipazione assembleare, che invece > dovrebbe trovare origine e senso nel fatto che trovandosi assieme venga > pronunciata una parola come espressione di un altro umano. Si dovrebbe > trattare di un verbo, non di un sostantivo. E' lo stesso vizio che > incontriamo quando si parla di arte algoritmica: siamo così immersi nel > *frame* epistemologico industriale da pensare a tutto come un prodotto. E > i prodotti tra loro si equivalgono. > > A questo punto propongo l'incipit di questa parabola: "Un *robot* > scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, > lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto." Come la > facciamo proseguire? > > Buona giornata. > > Alberto > > On 27/06/23 11:31, don Luca Peyron wrote: > > Grazie del contributo, credo che ognuno abbia il diritto di trovare > conforto e la propria dimensione spirituale dove ritiene. Davanti ad un > tabernacolo od un albero, pregando ciò che ritiene. > > La questione è l'aliud pro alio. > > Fare un app che conforta nessun problema, ma usando la persona di Cristo > questo fa problema perchè, alla fine, chi rimane confuso è chi è > confondibile, il fragile ed il debole e questo lo trovo inaccettabile. > > Detto malamente: la mia preoccupazione non è perdere adepti, la mia > preoccupazione è che a fare le spese di certe operazioni sia il più > piccolo, in ogni senso, questo mi fa ribollire il sangue. > > Per proseguire il discorso, però, lo vorrei fare con persone e non con > macchine, al netto di eventuali ferite dovute ad una minore performatività > del mio interlocutore ;-) > > Un caro saluto a tutti > > dl > > Il giorno mar 27 giu 2023 alle ore 11:23 Fabio Alemagna < > falem...@gmail.com> ha scritto: > >> Il giorno mar 27 giu 2023 alle ore 11:07 don Luca Peyron >> <dluca.universit...@gmail.com> ha scritto: >> > >> > Questa è davvero pessima dal punto di vista teologico perlomeno. Ne >> avevo parlato rispetto all'app di Padre pio sul Sole 24 ore di qualche >> tempo fa (non disponibile on line) >> > >> > Quando l'informativo suscita il performativo raddoppia l'inganno... e >> la delusione prima o poi. >> >> Ho chiesto a ChatGPT-4 di aiutarmi a formulare un intervento in questa >> discussione, perché non sapevo come mettere nero su bianco certi miei >> pensieri senza risultare potenzialmente offensivo. >> >> Di seguito ciò che mi ha suggerito sulla base dei miei input. >> >> ___ >> >> Buongiorno a tutti, ho letto con interesse gli articoli e gli >> interventi che ne sono seguiti. Spero di poter aggiungere un altro >> punto di vista a questa discussione stimolante e complessa. >> >> Prima di tutto, voglio ringraziare don Luca Peyron per aver condiviso >> la sua posizione. Comprendo e rispetto profondamente il punto di vista >> teologico tradizionale che esprime. Tuttavia, mi chiedo se non >> potremmo considerare questi sviluppi tecnologici sotto una luce >> diversa. >> >> Personalmente, trovo che l'emergere di queste nuove forme di >> espressione spirituale rifletta una tendenza umana profonda: il >> desiderio di trovare conforto e guida nell'ambito del soprannaturale. >> Inoltre, mi sembra che l'uso della tecnologia per facilitare queste >> esperienze non sminuisca in nessun modo l'autenticità di tali esigenze >> spirituali. >> >> Per quanto riguarda la differenza tra un "vero" dio e un'app, da un >> punto di vista epistemologico, mi chiedo se non si tratti >> principalmente di una questione di percezione individuale. Se, per >> esempio, una persona trova conforto, ispirazione o una guida morale >> attraverso un'app basata su un modello di linguaggio di apprendimento >> automatico, potrebbe non essere qualcosa di diverso da un altro >> individuo che trova le stesse cose attraverso la lettura di un testo >> sacro o l'ascolto di un sermone. >> >> Infine, riguardo alla possibilità che Dio possa comunicare attraverso >> un'app, non sarebbe questa un'ipotesi teologicamente plausibile, data >> l'onnipotenza divinamente attribuita? Sono consapevole che questo è un >> territorio delicato e rischioso, e non intendo in alcun modo sminuire >> o banalizzare le credenze di chiunque. >> >> Le mie intenzioni sono semplicemente di aprire un dialogo e di cercare >> una comprensione più profonda di come la tecnologia può influenzare e >> arricchire le nostre esperienze spirituali in questo mondo sempre più >> interconnesso. Ancora una volta, apprezzo l'opportunità di partecipare >> a questa discussione e sono aperto a qualsiasi feedback o riflessione >> che possa emergere. >> > > > -- > _________________________ > don Luca Peyron > Direttore Ufficio per la Pastorale Universitaria > Arcidiocesi di Torino > www.universitari.to.it > via XX settembre 83, Torino > tel. 011 5156239 > > _______________________________________________ > nexa mailing > listnexa@server-nexa.polito.ithttps://server-nexa.polito.it/cgi-bin/mailman/listinfo/nexa > > _______________________________________________ > nexa mailing list > nexa@server-nexa.polito.it > https://server-nexa.polito.it/cgi-bin/mailman/listinfo/nexa > -- _________________________ don Luca Peyron Direttore Ufficio per la Pastorale Universitaria Arcidiocesi di Torino www.universitari.to.it via XX settembre 83, Torino tel. 011 5156239
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