On 14/10/23 10:23, 380° wrote:
Non so come sia possibile ma a me questa analisi critica kantiana è /intuitivamente/ chiara, direi scontata: un po' come dovrebbe essere scontato a qualsiasi geografo/astrofisico che la mappa del pianeta terra NON è il pianeta terra [1], analogamente a un informatico dovrebbe essere chiaro che il modello usato nell'algoritmo implementato nel programma [2] non corrisponde all'"oggetto" studiato, a meno che non ci si /limiti/ a fare lo spelling di "sugar" o a calcolare "2 + 2" (numeri in base 10) [1]. In altre perole, non *deve* bastare il "giochino" di dire che un certo modello dell'universo è giusto e un'altro sbagliato con giustificazini "sensibili", occorre saper spiegare _perché_ e, di conseguenza, fare in modo che _altri_ possano liberamente /giudicare/ qual'è quello relativamente più sbagliato. [1]
Questa è anche la differenza fra scienza e opinione corretta che si ritrova anche in Platone
https://btfp.sp.unipi.it/dida/menone/ar01s19.xhtml- tanto è vero che, per alcuni aspetti, Kant potrebbe anche essere trattato come un platonico moderno (*)
Che la realtà sia diversa dai "dati" e dalle elaborazioni che ne facciamo non è per tutti così scontato. Come ha ricordato Guido Vetere, nel 2008 (https://www.wired.com/2008/06/pb-theory/) qualcuno ha proclamato che quando abbiamo molti dati e una potenza di calcolo abbastanza grande andare alla ricerca delle cause non serve più: bastano le correlazioni. Per capire quanto sia tolemaico questo modo di pensare non occorre nemmeno scomodare Kant, ma è sufficiente David Hume (a cui Kant riconosceva il merito di averlo svegliato dal suo sonno dogmatico): dalla circostanza che siamo abituati a vedere B seguire ad A perché ne abbiamo fatto esperienza tantissime volte non possiamo derivare che A è causa di B. L'esperienza ci dice soltanto che *finora* abbiamo visto A e B in correlazione. Non ci può dire, come esperienza, che ciò avverrà anche un domani che non abbiamo ancora esperito.[**)
Le nostre abitudini sono solo le nostre abitudini, non la struttura della realtà: pare ovvio, ma moltissimi sono andati dietro a Chris Anderson.
E analogamente, il fatto che io sia in grado di *imitare* con la una tecnica certi fenomeni e comportamenti non significa che li abbia compresi.(***) I fratelli Lumière, con la loro tecnica, *imitarono* in modo così convincente l'arrivo di un treno da far scappare gli spettatori dalla sala. Avevano capito il funzionamento della locomotiva a vapore? No, avevano inventato
il cinematografo.L'informatico assolutista si rende conto che saper *imitare* qualcosa in modo da indurre i più a *interpretare* la sua imitazione come se fosse la cosa stessa non significa, di per sé, averla anche compresa?
Weizenbaum, già con ELIZA, notò che la settorializzazione della nostra cultura e del nostro modo di trasmetterla era tale che la risposta più probabile a questa domanda era "no".
Buonanotte, MCP(*)Per farsi un'idea della differenza fra Kant e Platone bisogna guardare due passi della Critica della ragion pura, uno nell'Introduzione (parola chiave: "colomba") e l'altro nel primo libro della Dialettica trascendentale (Sezione I. Delle idee in generale), ma andrei molto fuori tema. (**) N. Taleb, riproponendo qualcosa di filosoficamente ben noto, ha scritto un libro di successo proprio sul cigno nero che da solo distrugge la correlazione abituale fra i cigni e il colore bianco. (***) L'imitazione (mimesis) tramite la tecnica produce sapere? Secondo Platone, no: https://btfp.sp.unipi.it/dida/resp/ar01s48.xhtml
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