Ciao Giacomo,

condivido quasi tutto quello che hai scritto in questo thread (letto fin
qui), ho però alcuni commenti sul concetto di cittadinanza cibernetica.

Giacomo Tesio <giac...@tesio.it> writes:

[...]

> Le persone cui fai riferimento hanno alcuni aspetti in comune (fra quelli
> rilevanti per questa conversazione):
>
> - non si sentono "analfabeti digiali" (e non le definisci come tali)
> - non sanno programmare

Questa è la competenza che merita di essere discussa: cosa significa
saper programmare?

Secondo il mio personalissimo giudizio programmare è _anche_ saper
configurare il software scritto da altri, specialmente quando il
software è scritto talmente bene da poter essere _riprogrammabile_ (sì,
sto parlando di Lisp, specificamente ho in mente Emacs)

...ma non facciamo una "editor war" o una "X war" qui, plz :-)

> - si fidano di qualcuno che sa programmare

Anche i programmatori si fidano di quancun altro che sa programmare, no?
Che io sappia, non c'è proprio nessuno che non è abbastanza pigro da
_non_ ricontrollare da zero tutto il software che usa. :-)

Se intendi dire che i programmatori possono /scegliere/ di farlo, allora
è chiaro.

Però questa caratteristica di fidarsi non è esclusiva del gruppo a cui
ti riferisci.

> Per esempio, i giuristi in lista che non sanno programmare,

Anche i programmatori in lista non sanno "giurisdizionare" e si fidano
(chi più, chi meno :-D ) dei giuristi sulla base di criteri analoghi a
quelli applicati dai giuristi per fidarsi dei programmatori.

La vera differenza col software è che quanto dichiarato dai giuristi è
espresso solo in formato sorgente (non esiste formato binario) e
/quindi/ falsificabile, con una sforzo che va da una lettura di pochi
minuti fino a un intero ciclo di studi in giurisprudenza, per i casi più
difficili.

C'è anche da consideratre che sebbene sia i testi giurisprudenziali che
il software siano letteratura, il software ha quella particolarissima
doppia natura di sorgente/binario che rende **estremamente** complesso
ogni paragone con _tutti_ gli altri ambiti scientifici.

Con questa ultima frase significa anche per programmatori, per potersi
fidare del software binario che usano, NON è sufficiente essere in grado
di programmare.

...altrimenti succede che anche i programmatori sono _ciechi_. :-O

[...]

> Riflettendo con Alessandro ed altri, suggerivo che il tipo di competenze
> cibernetiche fondamentali che uno studente dovrebbe avere alla fine
> della quinta elementare sono sintetizzate in questo corso di 2 ore:
>
> https://video.linuxtrent.it/c/cybersecur...@video.resolutions.it/videos?s=1
>
> Sapendo ciò, alle medie si potrebbe già imparare a programmare
> decentemente. Alle superiori si potrebbe acquisire una piena
> cittadinanza cibernetica.
>
>
> Ovvero (come dicevo in un'altra mail) imparare a scrivere il proprio
> sistema operativo, con UI, networking, crittografia etc...

Perché la stessa analogia non provi a farla con la giurisprudenza, la
fisica, la chimica o la medicina?

Non sono anche quelle competenze particolarmente /impattanti/ sulla
nostra cittadinanza (non cibernetica)?

Esagero, ma è giusto per farmi capire...

Alle superiori si potrebbe acquisire una piena cittadinanza ovvero
imparare a scrivere la propria costituzione, il proprio protocollo
esperimento di laboratorio, la propria molecola per la cura del
raffreddore, ecc.  Attenzione che ho detto _scrivere_, giusto per
"giocare".

Cosa c'è di diverso con lo scrivere il proprio sistema operativo, ecc.?

Io sarei già felice di sapere che tra 20 anni le competenze cibernetiche
fondamentali (quelle delle medie) saranno parte integrante di quelle che
vengono ritenute oggi competenze di cittadinanza.

Ritengo fondamentale che a ogni cittadino sia data la possibilità di
acquisite adeguate "competenze di cittadinanza" e gli venga data la
possibilità di _esercitarle_, **incluse** quelle cibernetiche.  Di più:
auspico un futuro dove non ci sia più bisogno di specificare
"cibernetica" dopo "cittadinanza", perché sarà scontato che la prima è
/inglobata/ nella seconda.

Ciascun cittadino poi decide _se_ e come sviluppare e applicare le
proprie competenze, l'importante è che /in potenza/ ogni cittadino abbia
la possibilità di diventare fisico, chimico, medico, giurista,
programmatore... per _eventualmente_ falsificare ciò che sostengono o
hanno sostenuto altri cittadini, se del caso.

In altre parole, avere la possibilità di _partecipare_: «Cittadinanza e
partecipazione» [1]

In altre parole, vorrei un futuro dove sia dato per scontato che /anche/
la partecipazione alla vita cibernetica è un diritto umano fondamentale,
con tutto quello che ne consegue. [2]


[...]

Saluti, 380°



[1] https://www.coe.int/it/web/compass/citizenship-and-participation

In quella analisi, tra le dimensioni della cittadinanza manca il /quinto
elemento/, ovvero la cibernetica.

... e la dimensione spirituale dove la mettiamo?!?


[2] ci sono diversi diritti umani fondamentali violati nel mondo, ciò
non toglie che chi li viola sia /almeno/ considerato "socialmente
distruttivo", sembra poco ma nella storia umana non è mai stato
scontato.

-- 
380° (Giovanni Biscuolo public alter ego)

«Noi, incompetenti come siamo,
 non abbiamo alcun titolo per suggerire alcunché»

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