Certamente l'aspetto economico è importante, per questo sarebbe interessante sapere quanto costano questi contratti di servizio, che come giustamente osservava Stefano Maffulli, integrano molti servizi, sia per gli admin che per gli utenti finali, e sono quindi percepiti positivamente dall'utenza finale. È importante, sia per confrontarli col costo di personale interno, sia perché poi, di fatto, rischia di determinarsi, per un ateneo, una situazione di "vendor lock-in" che può far lievitare i costi senza freno. Forse ricordo male, ma anche alle scuole nel periodo di lockdown le piattaforme erano state offerte gratis, e adesso non lo sono più. Qualcuno ha dati precisi su questo?

Il punto è poi anche che, oltre al costo economico, c'è il valore della profilazione degli utenti, che diventa sempre più grande. Con il Machine Learning sempre più affamato di nuovi testi, ciò che passa per le caselle di posta elettronica e i cloud degli atenei penso sia un valore significativo per le Big Tech.

Ecco, posto che sono conti niente affatto facili da fare (e in certa misura anche arbitrari: come fai a dare valore ai dati personali?), penso comunque che avere la conoscenza in casa secondo me sia, sul lungo periodo, sempre più conveniente per una grande amministrazione come un ateneo. A maggior ragione per chi dovrebbe essere sulla frontiera della conoscenza, come giustamente sostiene Giacomo Tesio. A condizione che riesca a capire l'importanza strategica di governare le infrastrutture digitali: mission impossible, temo, per molta della classe dirigente italiana centrale e locale.

E a proposito: è su questa lista che ho letto dei problemi che le Big Tech creano agli email provider medi e piccoli nel gestire i loro messaggi? È chiaro che se anche 1 su 20 delle tue mail viene bloccata perché il tuo server di ateneo è stato messo in blacklist quando poi si passa ai Big tirano tutti un sospiro di sollievo...

Infine, sarei curioso di sapere se ci sono analisi simili fatte per Paesi un po' più attenti del nostro a queste problematiche, tipo la Francia.

Con l'occasione un augurio di buona fine e miglior principio.

Enrico

Il 29/12/2023 18:07, Giorgio Ventre ha scritto:

Cari tutti,

perdonatemi ma vorrei portare alla vostra attenzione le difficoltà di gestione che affrontano quotidianamente gli Atenei.

Il problema non è la disponibilità di talenti e competenze ma quella delle risorse necessarie a garantire i servizi che noi come privati siamo abituati a ricevere dai nostri provider preferiti.

In parole povere, occorrono soldi. E tanti.

Secondo me andare a sindacare le scelte dei singoli atenei mi sembra un esercizio sterile, quando spesso si tratta di scegliere tra mettere soldi in un Servizio IT o rinnovare le aule di un Dipartimento.

La questione dovrebbe essere affrontata dal punto di vista della politica industriale e della cultura tecnologica del Paese, insieme ad altri problemi come l'indipendenza sulle infrastrutture digitali.

Se si è deciso di affidare ad un singolo soggetto la gestione amministrativa e finanziaria degli Atenei, e ad un solo provider la gestione della rete di ricerca, forse una analoga decisione potrebbe essere presa per i servizi mail ed IT in genere. Dopo aver fatto un bilancio tra i costi ed i benefici, anche appunto quelli di natura "strategica".

Senza una decisione di questo genere il numero degli Atenei con gestioni in-house della mail si ridurrà sempre di più.


Un caro saluto a tutti ed auguri per un eccellente 2024.


Giorgio

Il 29/12/23 17:54, Giacomo Tesio ha scritto:
Ciao Damiano,

Il 28 Dicembre 2023 21:24:05 UTC, Damiano Verzulli <dami...@verzulli.it> ha scritto:
Mi interessa --ripeto-- mi interessa, che gli Atenei tornino a fare da apripista nella riappropriazione di parte del mondo tecnologico... che gli e' stato scippato. Sono certo --ripeto-- sono *CERTO* che
è "tecnicamente" possibile. Il problema è solo "politico".

[...]

  D'altronde.... se non si riesce a fare quello che io immagino, come pensiamo possa essere
mai possibile ambire a fare quello che tu speri?
Ciò che io proprio non riesco a capire è che credibilità possa avere una Università che si affida a Google o Microsoft per l'email pur avendo informatica o ingegneria
informatica fra i percorsi di laurea proposti.


È deprimente pensare che nessuno si vergogni di tali scelte, viste le molte alternative
nettamente migliori disponibili sul mercato.

A volte penso che oltre alla dismissione dell'Olivetti, il Piano Marshall ci sia costato l'idea stessa di un'Università competente, che tanto ad una colonia a-democratica non serviva.


Giacomo
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