Il 03/04/2023 17:56, Carlo Blengino ha scritto:
Queste considerazioni non vogliono negare le potenzialità lesive di quei dati sintetici o la pericolosità delle macchine che li generano, ma consentono di spostare il focus e l’attenzione da quel dato che non "rappresenta" nulla (se non se stesso), all'uso che di quell’artefatto sintetico e delle macchine che lo producono ne facciamo noi umani.


reagisco "di getto", in particolare perché le considerazioni che fa Carlo catturano alcune impressioni che sono rimaste latenti, in questi giorni, ogni volta che mi sono affacciato alla questione.

dice Carlo: spostiamo l'attenzione dall'artefatto (che in quanto tale, per definizione e per modalità di elaborazione, non può essere rappresentativo di alcunché) all'uso che di quell'artefatto ne facciamo "noi umani".

Suggestivo.

Però io devo notare questo: quel linguaggio (se ha senso) ha senso solo per l'umano, e quello che producono quelle macchine (quelle pseudo rappresentazioni), è fruibile solo dall'umano. [Le macchine, tra loro, comunicano in tutt'altro modo]. Cioè, se anche concettualmente la distinzione che Carlo propone è configurabile, essa non ha ricadute dal punto di vista pratico, perché quelle macchine sono pensate, programmate e realizzate per creare artefatti che siano fruiti da umani (perché solo gli umani possono fruirne, solo per loro quei costrutti sono suscettibili di avere un senso). Chi immette la query è un umano, ed anche se non lo fosse (se la query fosse formulata da una macchina), la "risposta", l'output sarebbe suscettibile di acquistare un senso solo per gli umani.

Pertanto,  "l'uso che di quell'artefatto sintetico e delle macchine che lo producono ne facciamo noi umani", è l'unico uso possibile, ed è l'uso per il quale quelle macchine sono programmate e realizzate (o comunque operano). Se l'uomo è l'unico utente/destinatiario significativo, l'affermazione per cui "quel dato [...] non "rappresenta" nulla (se non se stesso)" è - ripeto - suggestiva, ma prima di rilievo concreto. L'uomo è l'unico fruitore: l'unico scopo per cui quei dati (quegli output, quei costrutti) sono realizzati è proprio quello di delineare una rappresentazione che sia fruibile dall'uomo, che abbia senso per l'uomo.

Quindi, no, caro Carlo.
Così, a caldo, mi pare proprio che l'unico senso, l'unico rilievo che possono avere quegli output è proprio essere una rappresentazione, un costrutto dotato di un senso per l'uomo. Quindi, se contengono dati che per l'uomo che ne fruisce (i.e., l'unico fruitore possibile) appaiono come dati personali ("qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile"), allora - in termini pratici - non possiamo che trattarli come dati personali.

Benedetto Ponti

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