Ciao Albero, poni così tanti temi fondamentali su cui riflettere!
On Tue, 27 Dec 2022 16:18:27 +0100 Alberto Cammozzo wrote: > La società, prima di essere cibernetica, sia umana. Che cosa significa "umano"? Cibernetica è anzitutto l'arte di governare. E' Politica, ancorché veicolata da automatismi. L'homo sapiens sapiens è ancora un animale politico? Sin dall'homo habilis l'uomo si caratterizza per la propria capacità di estendere sé stesso attraverso strumenti di varia natura. Con l'informatica, ha scoperto di poterli creare con la parola. E ha scoperto di poterli replicare all'infinito, possedendo come demoni infernali (un time slice alla volta) gli strumenti di cui gli altri esseri umani si circondano. Con la cibernetica di Weiner ha scoperto di poterli "lasciare da soli", a reagire senza supervisione attiva da parte del proprio creatore. In quest'ottica, la cibernetica è una naturale evoluzione dell'uomo. Una evoluzione "predetta" da diverse mitologie e religioni, se ci pensi. Inevitabile? Direi di sì. Dio è Amare. L'amore non è un sentimento, ma un Verbo, un atto. Amare è sacrificare parte di sé per creare qualcosa di nuovo con altri. L'Amare permea tutta la realtà. Amano protoni e neutroni, scambiandosi gluoni per formare l'atomo. Amano gli atomi, che sacrificano elettroni per creare molecole. Amano le molecole, che si organizzano inconsapevolmente con altre per creare le cellule (e la vita). Amano le cellule di un organismo pluricellulare, che sacrificano la propria libertà (e spesso la propria vita, pensa alle cellule della epidermide) per costituire e difendere un organismo più complesso. Amano le persone, formando famiglie, comunità, stati. Persino gli stati amano, formando federazioni ed alleanze. La storia dell'umanità, così come la storia della vita su questo pianeta, nonostante tutte le sue guerre fratricide, evidenzia una direzione inesorabile: dal semplice al complesso, passando per il sacrificio di qualcosa da parte di tutti gli agenti di un livello per costituire gli agenti del livello successivo. Dio è Amare, appunto. Ma è anche un mistero, nascosto in piena vista. Per cui molti, pur di fronte all'evidenza di questo meccanismo universale che trascende persino l'identità e la vita, scelgono di fingere che la storia non abbia una direzione evidente. http://web.archive.org/web/20221228141810if_/https://i.pinimg.com/736x/fc/04/b2/fc04b29bc6455764d0f718db347421b4.jpg :-D Le rivoluzioni informatiche si innestano in questo processo. Tuttavia, l'inesorabile aumento di complessità può essere orientato. Così come può essere accelerato o rallentato in determinate condizioni. Il sacrificio individuale può non essere perfettamente simmetrico. La consapevolezza della sua ineluttabilità ci (mi) pone di fronte ad una scelta: lasciare che siano altri a decidere come sarà il mondo delle mie figlie o partecipare alla sua definizione? Una società cibernetica è inevitabile. QUALE società cibernetica però è questione aperta alla lotta politica. L'informatica ci può legare insieme in modo sempre più simile ai legami che legano le cellule di un organismo o gli atomi di una molecola. Una volta legati, è necessario lavoro/energia, per slegarli. Una volta legati, smettiamo di essere pienamente umani. I leviatani che costituiamo però hanno un capo e una coda. C'è qualcuno alla guida, profondamente consapevole di dove vuole arrivare e di come arrivarci. E' "umana" una società in cui i pochi opprimono la stragrande maggioranza determinando cosa ciascuno deve fare e pensare attraverso manipolazioni cognitivo comportamentali su vasta scala? Io direi di no. Perché la stragrande maggioranza degli esseri umani verrebbero ridotti ad ingranaggi di una enorme macchina. E il processo è già in corso, attraverso l'alienazione cibernetica di grandi masse. Per evitarlo dobbiamo rallentare il processo che altri accellerano e riflettere in modo creativo sul COME rendere la società cibernetica "a misura di homo sapiens sapiens", ovvero come impedire che gli esseri umani possano essere ridotti ad ingranaggi di organizzazioni superiori. In altri termini dobbiamo identificare quali caratteristiche devono avere le organizzazioni cibernetiche per non integrare l'uomo nei propri processi vitali, rendendolo appunto un'ingranaggio di un tutto. Ti posso dire quali sono le caratteristiche che ho identificato finora: - la fluidità delle organizzazioni: deve essere facile e veloce cambiare organizzazione per ogni membro - la rimozione di qualsiasi diritto / dovere attribuito all'organizzazione in quanto tale: l'abolizione della personalità giuridica come la conosciamo, per intenderci - l'introduzione di limiti superiori dinamicamente determinati alle dimensioni fondamentali delle diverse organizzazioni (a seconda del tipo): ad esempio il numero di dipendenti di una azienda, il numero di iscritti in un partito e forse persino il numero di cittadini di uno stato... ammesso che lo stato unico globale non sia più vicino di quanto immagini - la piena comprensione dell'informatica che regola la società cibernetica da parte di tutti i cittadini, precondizione della partecipazione democratica al governo di tale società cibernetica L'ultimo punto è il meno controverso (se paragonato ai precedenti), ma è quello più interessante qui in Nexa. Eppure a molti sembra utopico. D'altro canto, il presente è distopico e ne ha influenzato le menti. > Sommariamente premetto che trovo utile distinguere industrialismo e > capitalismo [...] Hai ragione, avevo semplificato eccessivamente. Tuttavia non credo che parlare di "industrialismo" fornisca un framework interpretativo molto migliore di parlare di capitalismo. (quanto meno perché i due non sono, come rilevi, ortogonali) Di solito parlo di cambio di paradigma per questa ragione. Da un paradigma economico della società, stiamo passando ad uno informatico/cibernetico. Una società cibernetica è di innumerevoli ordini di grandezza più complessa di una industriale (di cui la finanza è/era un'estensione/evoluzione). Chi controlla questa nuova complessità, decide se debba essere una società "umana" o "disumana". > 1) I programmatori e la loro coscienza politica e di classe. > > Ho introdotto il termine "di classe" deliberatamente, ammiccando alla > terminologia marxista, ben consapevole che data l'egemonia ideologica > neoliberista non esiste più nulla del genere. Fine della dialettica: > niente tesi, niente antitesi, e fine anche delle ipotesi. > Costruire una coscienza di classe era difficile nel paradigma > ideologico, figuriamoci fuori. Balle. :-) La fine della storia... è finita, finalmente. Le ideologie novecentesche sono inutili oggi, incapaci di modellare il presente, ma ne possiamo (e ne dobbiamo) creare di nuove. Le tesi sono implicite? Rendiamole esplicite con una poderosa lotta antitetica. Monitora PA fa proprio questo, rendendo evidente l'illegalità diffusa, l'ipocrisia e l'ignoranza relativa al GDPR e ai GAFAM. Discutiamo idee nuove, diffondendo nuove ideologie. SI PUO' FARE! ;-) E secondo me i programmatori hanno ancora qualche possibilità di acquisire una piena coscienza di classe, nonostante tutto. In fondo, noi siamo programmatori. Siamo filosofi male impiegati: che ci piaccia o meno, l'informatica è una disciplina umanistica. > A me pare che la scrittura di codice, se ancora oggi può assomigliare > ad un artigianato, non possa sfuggire alla legge industriale > dell'assimilazione formulata dalla Arendt ne /La condizione umana > /(1958): > [...] > Come d'altra parte non sono sfuggite le altre forme di scrittura: per > ogni riga "artigianale" di scrittura ve ne sono almeno 1000 > "industriali" consumate ogni giorno. Hai contato tutte le liste della spesa? Tutte le email? Tutti gli sms? Tutti i messaggi via IM vari? Tutte le lettere d'amore? Tutti gli appunti scritti su un foglietto? Scriviamo continuamente, tanto che definire "artigianato" la banale scrittura della lista della spesa farebbe ridere tutti. La programmazione DEVE diventare così. Un'attività banale, quotidiana, ma per tutti. Naturalmente ciò richiede stack applicativi completamente diversi da quelli attuali. E pensando alla scrittura alfabetica (inventata dai Cananei, che non sapevano scrivere) a volte temo che a persone come me e te, ormai adattate agli strumenti primitivi che siamo costretti ad usare, l'invenzione di questi stack sia preclusa. Tuttavia quello deve essere il nostro obiettivo: rendere programmazione e debugging attività quotidiane per la quasi totalità della popolazione. > Il free software non cambia la natura del problema Purtroppo hai ragione. RMS ha compiuto un errore madornale nel costruire l'ideologia del software libero attorno al valore della Libertà, invece che a quello della Curiosità. Ma la Storia funziona così, purtroppo: ognuno di noi fa del proprio meglio, ma siamo immersi in un flusso che ci influenza enormemente. Stallman è nato e cresciuto negli USA della guerra fredda. Detto questo è ora di passare oltre: Our Curiosity will serve Humanity through Freedom, Candor and Communion. http://monitora-pa.it/LICENSE.txt > La Hacking license non impedisce di creare modelli ML a partire dal > codice (incluso il vostro di MonitoraPA), ma impone di condividerli. > Mossa virtuosa che non consente l'appropriazione, ma non impedisce di > scavalcare la programmazione. E comunque non affronta il problema > dell'impiego del modello ML che Microsoft sarà costretta a rilasciare > come esito di una lite persa con MonitoraPA. E' questo il bello della Hacking License: non serve fare una causa a Microsoft. E' sufficiente rilevare che stia distribuendo codice sotto Hacking License per prendere atto oltre ogni ragionevole dubbio che ne abbia accettato il contratto e che dunque il modello sia sotto Hacking License. Mica possiamo assumere che proprio Microsoft violerebbe mai una licenza / shrink wrap contract così chiaro e semplice! Dunque, non gli faremo causa: inizieremo semplicemente ad utilizzare TUTTI i software che incorporano codice fornito da GitHub CopyALot nei termini della Hacking License. > Di fondo condivido quindi la posizione che suggerisci di adattare il > mondo e non subire il cambiamento. Non è un suggerimento. E' la constatazione di una alternativa che abbiamo di fronte: può essere l'ultima scelta o la prima, a seconda dell'opzione selezionata. Adattarsi o (imparare ad) adattare? Ingranaggio Integrato o Persona? > Parli di introdurre bug, aggirare DRM... Certo, ma chi scrive DRM in > primo luogo? Perché continua a farlo? Perché /può/ farlo? Può farlo perché pochissimi sanno programmare e debuggare. Se tutti sapessero farlo, non proverebbero nemmeno: sarebbe tempo perso. > La questione non è (o almeno non solo) quali tecnologie 'buone' > sviluppare nella resistenza contro quelle 'cattive', è accettare che > ci sia questa guerra e dovervi impegnare così tante risorse. E' una guerra in atto da decenni. Non l'abbiamo cominciata noi, ma siamo costretti a difenderci. > Se nulla cambia, come è avvenuto per il free software, l'enorme > sforzo creativo di migliaia di hacker e attivisti verrà appropriato > per estrarne qualcosa e lasciare lì le scorie Appunto. Dobbiamo cambiare. Anzitutto obiettivi, perseguendo obiettivi incompatibili con l'accumulo di potere nelle sue varie forme (status, profitto etc) > In tutto questo quadro tutti ci dibattiamo tra quale delle > conseguenze accettare, che parte prendere. > Ma chi ha deciso le parti? Gli hacker saranno una parte "nuova". (come "parte" almeno, sebbene esistano da millenni) Nuova anche negli obiettivi: non siamo assimilabili al proletariato cui si rivolgeva il Marxismo, ad esempio. Il controllo del capitale ci interessa il giusto, molto prioritari sono invece la condivisione della conoscenza e la libertà effettiva di studiare e sperimentare ciò che ci interessa, accrescendo la nostra conoscenza e la cultura condivisa in un circolo virtuoso. > Le premesse sono che non vi è pensiero ammesso o limiti a cosa > deve/può/non può essere oggetto di industrializzazione, capitalista o > meno. > > A mio avviso, ad esempio, le relazioni personali ed umane non debbono > essere oggetto di industrializzazione. Non sono una miniera. Su questo siamo perfettamente d'accordo. > Questi limiti risiedono nell'ordine della scala di valori e morale, > non di quella tecnica che non ha alcuna risposta da dare in merito, e > perciò apparentemente non possono essere posti. Scala di valori, morale e POLITICA. Comunque noi hacker esistiamo esattamente per questo: porre domande che nessuno si vuole porre, rendere evidenti i problemi che tutti ignorano.... > La conseguenza più macroscopica è che, in mancanza di futuri tra i > quali scegliere e per non mettere in discussione il modello > industriale preferiamo accettare il collasso dell'uomo, della società > e del pianeta. Mancanza di futuri alternativi? Eccone uno: una società cibernetica democratica in cui ogni persona partecipa quotidianamente al governo della società umana attraverso il software che scrive, le idee che esprime etc... > Per cui ben venga l'atto di resistenza e l'hacker che vuole riparare > il mondo che c'è, ma serve anche conquistarsi il permesso di pensare > a premesse diverse. La nostra non è solo resistenza: è guerriglia culturale. E come hacker, non chiediamo il permesso a nessuno. Pensiamo continuamente a premesse diverse, le condividiamo (come vedi :-D) e invitiamo a fare altrettanto. A presto! E grazie della bella chiacchierata... Giacomo PS: aggiungo due ulteriori micro riflessioni: > Mi entusiasma Harry Tuttle di Brazil, la figura di quello che si > batte per "riparare" un mondo che non sarà comunque mai a posto (il > "tikkuner" [2]). La questione che pongo io è pre-etica: la scelta che ciascuno di noi si trova davanti è fra adattarsi alle macchine che lo circondano (progettate da altri per i propri personali interessi) o imparare ad adattare tali macchine alla propria volontà. Se sceglie di adattarsi, di integrarsi come un bravo ingranaggio, rinuncia completamente all'etica: le proprie credenze e le proprie scelte saranno etero-dirette. Non potrà dunque scegliere di "riparare" il mondo, renderlo migliore. Non potrà nemmeno costruirsi un'idea propria di "mondo migliore". Dal che io deduco un imperativo morale, a DIS-adattarsi, a dis-integrarsi, per non perdere completamente la propria umanità. > per non mettere in discussione il modello industriale preferiamo > accettare il collasso dell'uomo, della società e del pianeta. In effetti le tecnologie presenti sono estremamente energivore. Non escludo che il collasso del sistema militar-cibernetico possa derivare proprio dall'esaurimento delle fonti di energia. _______________________________________________ nexa mailing list nexa@server-nexa.polito.it https://server-nexa.polito.it/cgi-bin/mailman/listinfo/nexa