Giacomo Tesio ha scritto questa frase, qui ampiamente commentata, che condivido 
ottimisticamente.

Nel senso che la distinzione che faccio io è fra le buone pratiche virtuose e 
le alternative.

Le buone pratiche virtuose, infatti, essendo inserite nel modello ne propongono 
- e mettono in atto, almeno nel loro ambito - un miglioramento; le alternative 
propongono il cambiamento. 

Quando ci troviamo in un vicolo cieco, infatti, il problema non è più l’essenza 
di scelte o l’inutilità delle scelte - quali le buone pratiche virtuose - bensì 
è il vicolo stesso a essere Il problema. E ciò ci riporta all’idea di un reale 
cambio di paradigma; pur mantenendo comunque una militanza all’interno 
dell’attuale sistema.

L’interpretazione, allora, di 

 

>> A questo punto, se la situazione è questa (e purtroppo non ho 

>> difficoltà a immaginare che sia proprio così), meglio non fare

>> niente: si risparmia tempo, denaro e si evita di illudere che 

>> qualcosa possa migliorare in una ottica "sana": ciò che accadrà sarà 

>> semplicemente ciò che deve accadere, deciso altrove da altri.

 

non è l’abbandono della lotta e il ritirarsi nella torre d’avorio; o, peggio 
ancora, il predicar bene e il razzolar male di cui, giustamente, parla MCP. 

L’interpretazione, a parer mio, è l’impegnarsi per una reale alternativa.

Anzi, di più: per un modello a sé stante, ché parlare di alternativa presuppone 
ancora un qualche legame col modello attuale.

E anche l’affrontare quanto ha scritto Antonio sulla ricchezza dell’1% rientra 
nel modello a sé stante Filoponìa, di cui vi ho scritto la scorsa settimana.

Buona settimana

a.

 

Andrea Surbone
+39 335 7226007
 <http://www.surbone.it/> www.surbone.it 

 <http://www.jussemper.org/> www.jussemper.org 

 <http://www.propostaneokeynesiana.it/> www.propostaneokeynesiana.it

 

D. Astrologo, A. Surbone, P. Terna 

Il lavoro e il valore al tempo dei robot - Intelligenza artificiale e 
non-occupazione 

Meltemi, Milano 2019 – con prefazione di Adam Smith

 <http://www.meltemieditore.it/catalogo/lavoro-valore-allepoca-dei-robot/> 
www.meltemieditore.it/catalogo/lavoro-valore-allepoca-dei-robot/

 

-----Messaggio originale-----
Da: nexa <nexa-boun...@server-nexa.polito.it> Per conto di Maria Chiara 
Pievatolo
Inviato: lunedì 16 gennaio 2023 01:19
A: nexa@server-nexa.polito.it
Oggetto: Re: [nexa] "Primo progetto nazionale di Educazione Digitale" (Evento 
Luiss Guido Carli - 25/01/2023)

 

On 15/01/23 15:14, Giacomo Tesio wrote:

> On Sat, 14 Jan 2023 21:12:37 +0100 Michele Pinassi wrote:

> 

>> A questo punto, se la situazione è questa (e purtroppo non ho 

>> difficoltà a immaginare che sia proprio così), meglio non fare

>> niente: si risparmia tempo, denaro e si evita di illudere che 

>> qualcosa possa migliorare in una ottica "sana": ciò che accadrà sarà 

>> semplicemente ciò che deve accadere, deciso altrove da altri.

>> 

 

Chi non fa niente deve sopportare, come studioso (*), la discrasia fra ciò che 
scrive e ciò che fa,(**) disconoscendo  nei fatti il valore di ciò che dice. 
Possiamo - io lo sono - essere pessimisti sulla nostra possibilità di 
influenzare il mondo fuori di noi, ma qui si tratta del senso che diamo a noi 
stessi. E in questa seconda prospettiva protestare e fallire parzialmente è 
molto diverso dal non protestare affatto  e fallire integralmente.

Buonanotte,

MCP

 

 

(*) Anche e soprattutto in senso non "accademico". Chi lavora all'università 
non è valutato per quello che dice, ma per dove lo dice.

(**) Un esempio di questo si trova nel libro di K. Fitzpatrick "Generous 
Thinking", a proposito degli umanisti che criticano come studiosi 
l'individualismo competitivo

( 
<https://generousthinking.hcommons.org/1-introduction/critique-and-competition/>
 https://generousthinking.hcommons.org/1-introduction/critique-and-competition/)

ma lo adottano senza riserve nel loro comportamento professionale.

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