Spunti interessanti su cui in altri momenti mi sono ritrovato a pensare 
anchio.

Il 04/10/23 11:31, Damiano Verzulli ha scritto:
> 
> Tornando al mio messaggio iniziale, il punto che sollevo è duplice:
> 
>   * da un lato, il "controllo" --ormai acclarato e documentato-- di
>     realta' USA che, dagli USA, accedono a dati e impattano su
>     comportamenti di noi, extra-USA

credo che questo si ricolleghi a una percezione imperialista che gli 
Stati Uniti hanno sempre avuto di se', non in senso coloniale o 
offensivo classico, ma in senso finanziario: il dollaro e' la valuta 
internazionale per definizione, quindi quando giochi con quel pallone 
devi giocare con le loro regole.
Non a caso credo di aver letto da qualche parte che un Americano expat 
comunque sia tenuto a pagare le tasse anche agli USA.
Trasposta al mondo tecnologico la logica mi sembra molto simile, 
aggiungendo che oltre all'interesse tattico contingente credo ci sia 
anche la necessita' strategica di riaffermare un principio di propria 
pervasivita' che non e' piu' cosi' semplice ribadire grazie alla valuta.

> 
>   * il dilagare di un comportamento ormai diffuso nel quale il cittadino
>     medio (il politico medio, ed anche il cittadino/politico ben
>     istruito), da ampiamente per scontato la "presenza" di soggetti
>     esterni, sconosciuti, fin nei meandri piu' intimi della propria
>     vita. Cioè: si vuole e si difende la "privacy"... da tutti, tranne
>     che dai soggetti di cui sopra.

La mia sensazione  a proposito di questi bias e' che il danno percepito 
in termini di privacy in prima istanza sia proporzionale al valore 
dell'informazione affidata a terzi moltiplicata per l'inverso della 
distanza che ci separa da questi terzi: se per esempio tradisco mia 
moglie, il leak di questa informazione e' tanto piu' grave quanto piu' 
vicina a me e' la persona che lo viene a sapere, perche' forse e' vicina 
anche a mia moglie, e forse potrebbe avere degli interessi a sfruttare 
l'informazione ottenuta.

Il tal senso un etereo incumbent americano che si comporta bene (o male 
ma sufficientemente nell'ombra) per un decennio induce un'abitudine a 
considerarlo una parte fidata.

Non ha caso la maggiore consapevolezza sulla criticita' di queste 
valutazioni arriva nel momento in cui si palesano operazioni che 
avvicinano chi detiene l'informazione a chi la deteneva unicamente in 
origine: se evado il fisco, finche' lo sa telegram chissene, ma se 
telegram comincia a passare informazioni alla guardia di finanza o anche 
solo a qualche giornalista di inchiesta io mi preoccupo perche' 
l'informazione si e' pericolosamente avvicinata all'AdE.

Ovviamente scanso equivoci non si deve ne tradire ne evadere :)

> 
> Come dicevo prima, mi piacerebbe approfondire queste dinamiche, a 360° 
> (specie *NON* in ambito tecnico, ovviamente).
> 
> Saluti,
> DV
> 

m2c,
ciauz
Andrea Baro

> -- 
> 
> Damiano Verzulli
> e-mail:dami...@verzulli.it
> ---
> possible?ok:while(!possible){open_mindedness++}
> ---
> "...I realized that free software would not generate the kind of
> income that was needed. Maybe in USA or Europe, you may be able
> to get a well paying job as a free software developer, but not
> here [in Africa]..." -- Guido Sohne - 1973-2008
>     http://ole.kenic.or.ke/pipermail/skunkworks/2008-April/005989.html
> 

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