Trovo l'analisi di Bendetto Ponti molto chiara e condivivisibile.

Maurizio Borghi

Il giorno lun 3 apr 2023 alle ore 09:41 Benedetto Ponti <
benedetto.po...@unipg.it> ha scritto:

> mi pare che ci siano un po' di punti fermi da cui partire, sul piano della
> disciplina e del regime giuridico a tutela dei dati personali (non solo e
> non tanto della "privacy"), se si vuole impostare un ragionamento (non
> tanto sulla bontà o meno della decisione del Garante, in sè, quanto)
> sull'impatto di tale regime giuridico su chatGPT (o chi per lei).
>
> 1) vorrei intanto ricordare che la diffamazione non richiede che il fatto
> narrato/rappresentato sia falso. Si può essere diffamati anche mediante
> l'allegazione di un fatto vero. La verità opera come scriminante in caso di
> esercizio del diritto di cronaca (rende non punibile il reato commesso).
>
> 2) c'è poi da aggiungere che la diffamazione è la lesione della
> reputazione, mentre nel discorso che qui ci occupa (il fatto che le
> risposte di chatGPT forniscano informazione false, scorrette, datate, etc.
> riguardo a  persone identificate o identificabili) il profilo rilevante è
> quello del diritto alla (corretta rappresentazione dell')identità
> personale, che è un piano differente rispetto a quello della reputazione.
> Rileva cioè - per essere schematici - il GDPR come legslazione a tutela dei
> dati personali, anche in quanto funzionale alla *tutela del diritto
> fondamentale all'identità personale*. (correttezza, aggiornamento,
> esattezza dei dati sono requisiti funzionali a tale tutela).
>
> 3) Fatte queste precisazioni, vorrei venire ad alcune affermazioni, tipo:
> "Se il solo rimettere in circolazione dati pubblicati su web violasse la
> GDPR, anche i motori di ricerca sarebbero vietati.". Si dà il caso che
> dalla sentenza della Corte di giustizia "Google Spain" in poi (una sentenza
> del 2014), i motori di ricerca sono tenuti alla deindicizzazione dei link
> prodotti da una query basata su nome e cognome dell'interessato, qualora il
> link punti ad una pagina web in cui siano contenuti dati
> scorretti/inesatti/non (più) aggiornati. Il diritto al delisting (come
> strumento che consente di far valere in diritto alla cancellazione come
> strumentale, in particolare, non tanto alla tutela della reputazione, ma
> più ampiamente alla tutela dell'identità personale) è oramai consolidato.
> Possiamo discutere di come sia costruito l'equilibrio, se l'eccezione
> fondata sul diritto di espressione sia adeguata, etc.; ma che il diritto
> alla cancellazione (art. 17 GDPR) combinato con il diritto di opposizione
> (art. 21) impatti sui motori di ricerca oramai è un dato acquisito. I
> motori di ricerca non sono vietati, ma regolati sì!
>
> 4) *mutatis mutandis*, quali ricadute del combinato disposto (diritto di
> cancellazione+diritto di opposizione) sui chatbot LLM? Questo a mio parere
> è il nodo. Il delisting ha funzionato, e funziona, perché il motore di
> ricerca non costruisce un contenuto ad hoc, ma linka a contenuti già
> esistenti. Diversamente, il sistema basato sul LLM come chat GPT, non si
> limita a linkare, anzi fa tutt'altro. Assembla di volta in volta
> informazioni che trae dal web, e fornisce un contenuto ad hoc. Se in questo
> contenuto sono presenti inesattezze, dati non aggiornati, dati falsi etc.
> che sono riferiti ad una persona identificata o identificabile, i diritti
> di cui sopra possono essere fatti valere nei confronti del titolare del
> trattamento (che è OpenAI). Se la presenza di errori, scorrettezze, dati
> vecchi/non aggiornati è sistematica (by design), *l'impatto è enorme*,
> dal momento che varrebbe il principio opposto (art. 25 del gdpr cd.
> "privacy by design", espressione sintetica fuorviante perché l'articolo in
> questione impone una conformità della progettazione dei mezzi del
> trattamento alla tutela di tutti i diritti degli interessati, non solo
> della "privacy")
>
> 5) si dice, ancora: "Nel produrre le risposte risposte di ChatGPT non ci
> sono dati personali che vengono elaborati, solo dati “manifestly made
> public” nelle fonti web da cui li trae"
> - ora, il fatto che i dati personali siano tratti dal web non comporta
> anche che i dati siano stati “manifestly made public” dallo stesso
> interessato cui si riferiscono (potrebbe averli pubblicati qualcun altro).
> Ed anche nel caso in cui quei dati li abbia effettivamente resi pubblici
> l'interessato, ciò non comporta di per sè che ai trattamenti di quei dati
> non si applichi tutto il regime del GDPR. Quella disposizione serve a
> disattivare il divieto con cui si apre all'art. 9 (divieto di trattamento),
> senza però che questo disattivi tutto il resto del GDPR. In particolare non
> viene meno la cogenza del principio di finalità. Tendenzialmente, sono
> leciti solo i trattamenti che abbiano una finalità compatibile con la
> finalità della pubblicazione da parte dell'interessato. Qual è la finalità
> del/dei trattamento/i realizzati per erogare chatCPT? chi le stabilisce?
> sono compatibili con quelle per le quali l'interessato aveva reso pubblici
> i dati (qui c'è un enorme tema di rilevanza del contesto).
>
> NB: non sto dicendo che il GDPR sia sempre e cmq soddisfacente (ieri
> scrivevo che per molti aspetti si rivela molto rigido, poco adatto a alle
> caratteristiche di determinati trattamenti, etc.), ma la legge vigente è
> quella lì, non quella che noi vorremmo che ci fosse.
> Se non muoviamo, nelle nostre analisi, dal corretto inquadramento di ciò
> che il regime attualmente vigente impone, faremo fatica a comprendere le
> ragioni dei regolatori (che ci piacciano o meno), e faremo fatica a
> immaginare come tale normativa dovrebbe essere modificata (eventualmente).
>
> Benedetto Ponti
> Il 03/04/2023 08:39, Giuseppe Attardi ha scritto:
>
> Non sono d’accordo, anch’io la considero diffamazione.
>
> L’art. 9 della GDPR dice:
>
>     1. Processing of personal data revealing racial or ethnic origin, 
> political opinions, religious or philosophical beliefs, or trade union 
> membership, and the processing of genetic data, biometric data for the 
> purpose of uniquely identifying a natural person, data concerning health or 
> data concerning a natural person’s sex life or sexual orientation shall be 
> prohibited.
>
> ma esclude:
>
>    (e) processing relates to personal data which are manifestly made public 
> by the data subject;
>
> Nel produrre le risposte risposte di ChatGPT non ci sono dati personali che 
> vengono elaborati, solo dati “manifestly made public” nelle fonti web da cui 
> li trae, e le risposte sono solo affermazioni, senza garanzia di verità.
> Se fossero vere, si potrebbe contestare che rivelano fatti personali, ma se 
> sono falsi si tratta di diffamazione.
> Delle due l’una: o riteniamo che ChatGPT dica cose vere o non lo crediamo.
>
> Se il solo rimettere in circolazione dati pubblicati su web violasse la GDPR, 
> anche i motori di ricerca sarebbero vietati.
> Non dobbiamo vedere tutto come chiodi perché siamo un martello (GDPR).
> Per la diffamazione c’è un reato apposito.
>
> È abbastanza evidente che le norme attuali, GDPR, Copyright e annunciato 
> European AI Act, sono inadeguati.
> Ma intervenire adesso a bloccare una tecnologia che non fa danni, certamente 
> di meno di tanto software di cui non ci curiamo, è prematuro e 
> controproducente.
>
> — Beppe
>
>
> On 3 Apr 2023, at 07:19, <nexa-requ...@server-nexa.polito.it> 
> <nexa-requ...@server-nexa.polito.it> <nexa-requ...@server-nexa.polito.it> 
> <nexa-requ...@server-nexa.polito.it> wrote:
>
> Date: Sun, 2 Apr 2023 22:14:12 +0200
> From: Maria Chiara Pievatolo <mariachiara.pievat...@unipi.it> 
> <mariachiara.pievat...@unipi.it>
> To: <nexa@server-nexa.polito.it> <nexa@server-nexa.polito.it>
> Subject: Re: [nexa] ChatGPT disabled for users in Italy
> Message-ID: <c3aee1da-ee0f-4ea4-4581-4b0a45515...@unipi.it> 
> <c3aee1da-ee0f-4ea4-4581-4b0a45515...@unipi.it>
> Content-Type: text/plain; charset="utf-8"; Format="flowed"
>
> On 02/04/23 20:19, Stefano Zacchiroli wrote:
>
>
> Che GhatGPT dica panzane a proposito di persone specifiche (viventi) è
> in effetti evidente a tutti. Ma, da non giurista, faccio veramente
> fatica a capire perché questo ponga problemi al Garante per la
> protezione dei dati personali. Se pubblico un sito web pieno di panzane
> su persone viventi, il Garante ha il potere di farmelo chiudere? Direi
> (sempre da non giurista), che al massimo rischio una querela per
> diffamazione dagli interessati.
>
>
> Se si rivelano dati particolari (ex sensibili) senza il consenso
> esplicito dell'interessato si viola l'articolo 9 della GDPR. I dati
> particolari, perfino quando sono falsi, mi rappresentano. Se un SALAMI
> allucinato mi arruola nei testimoni di Geova, descrive comunque le mie
> (presunte) convinzioni religiose senza il mio consenso.
>
> In questo 
> sitohttps://es.sonicurlprotection-fra.com/click?PV=2&MSGID=202304030519280824639&URLID=11&ESV=10.0.19.7431&IV=FD30D571A9BE34FDF44C2AE7DE8A8F75&TT=1680499341788&ESN=Q06ji5erVxjVyeKJcOpKxNnU4nl6Pbng%2BSqum1y3kKg%3D&KV=1536961729280&B64_ENCODED_URL=aHR0cHM6Ly93d3cucHJpdmFjeWxhYi5pdC9JVC8yMDUvSS1kYXRpLXNlbnNpYmlsaS1uZWwtR0RQUi8&HK=E91FDE7B5CA871A40A3B0BA6B29B00290E68F18CA87F36FF0D9792A2FDE0F002
>  c'è un
> fantastico esempio, quello della malattia di un Peppino agente di
> commercio in realtà fin troppo sano, in cui una rivelazione in buona
> fede di un dato particolare  *falso* senza il consenso dell'interessato
> provoca pure una tragedia familiare.
>
> Buonanotte,
> MCP
>
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*Maurizio Borghi*
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