concordo con Giacomo,
che parla essendo uno che anche agisce:
da qualche parte bisogna iniziare
Chi vuole capire il messaggio, inizierà a mettersi in regola
(finalmente!)
Chi no, continuerà a strapparsi le vesti, a gridare al sovranismo,
a blaterare di treni che passano e magnifiche sorti e progressive...
mi colpisce nel dibattito sul chatbot l'emergere a fior d'acqua di 2
"non argomenti":
che siccome tutto va male, non si dovrebbe sanzionare nessuno
(=tantissime aziende calpestano il GDPR perché mai prendersela con OpenAI);
questo è solo un tanto peggio tanto meglio, in sostanza; o un
benaltrismo; che non servono alla crescita della società perché in
queste situazioni i deboli schiattano e i forti prosperano. non è la mia
idea di società.
che se qualcuno fa ricerca, nessuno si permetta anche solo di pensare di
governare la ricerca
(=ci sono spazi in cui lo Stato, e leggi, e il controllo democratico
della società non devono entrare)
non vedo (?) perché lo Stato con le sue leggi che sono espressione della
volontà della cittadinanza attraverso i suoi rappresentanti non dovrebbe
agire. è un principio.
se togliamo questo principio le possibili scivolate sono tutte verso
direzioni diverse fra loro ma indesiderabili.
credo che qui in nexa sia possibile una robusta discussione su come si
definiscono le regole e quali esse debbano essere. col presupposto che
se siamo in uno Stato (se siamo in Unione Europea) le regole ci sono, e
allora è interesse di tutti che siano le migliori possibili.
:-)
Maurizio
Il 01/04/23 11:54, Giacomo Tesio <giac...@tesio.it> ha scritto:
Message: 1
Date: Sat, 1 Apr 2023 11:37:21 +0200
From: Giacomo Tesio<giac...@tesio.it>
To: Alberto Cammozzo via nexa<nexa@server-nexa.polito.it>
Subject: Re: [nexa] ChatGPT, il Garante e il digital labor
Message-ID:<20230401113721.00003...@tesio.it>
Content-Type: text/plain; charset=ISO-8859-1
Salve Alberto, Antonio e Nexa
On Sat, 1 Apr 2023 11:07:11 +0200 Alberto Cammozzo via nexa wrote:
In tal caso però vanno sanzionati tutti i servizi che usano gli
utenti per il training di modelli interni alle piattaforme, incluso
il più diffuso, ReCaptcha di Google, che viene usato anche in servizi
pubblici obbligati, come ad esempio il registro degli indirizzi PEC
(IniPEC):<https://www.inipec.gov.it>
Naturalmente.
Non c'è alcuna differenza fra ciò che è stato fatto da Open AI per
programmare statisticamente ("addestrare", nella vulgata) GPT4
(di cui ChatGPT è solo un'interfaccia) e ciò che Google dichiara
espressamente di fare nella propria Privacy Policy:
"""
- Sviluppare nuovi prodotti e funzionalità...
- Capire come le persone utilizzano i nostri servizi al fine di
garantire e migliorare il rendimento dei nostri servizi
- Personalizzare i nostri servizi...
- Effettuare ricerche che migliorino i nostri servizi...
"""
Tutto questo viene fatto attraverso una raccolta di dati personali di
cui gli utenti non hanno vera consapevolezza (da Android, dal Web con
Google Analytics, da Chrome, da ogni applicazione che usa i servizi o
il cloud di Google, da Google Workspace, da Google Meet, da GMail, dai
crawler di Google etc..)
Io credo sia per questo che tanti si strappano le vesti oggi.
Ma è vero che da qualche parte bisogna iniziare, e intimare ad OpenAI
di rispettare il GDPR è decisamente più leggero che iniziare a
sanzionare le migliaia di PA che, da ormai quasi 3 anni violano
palesemente l'articolo 25 e l'articolo 28 del GDPR affidando i dati di
minori, malati, lavoratori e cittadini a Google e Microsoft.
Chi vuole capire il messaggio, inizierà a mettersi in regola
(finalmente!)
Chi no, continuerà a strapparsi le vesti, a gridare al sovranismo,
a blaterare di treni che passano e magnifiche sorti e progressive...
La solita cantilena, insomma.
Che andrebbe spazzata via dalla vergogna: come si può anteporre
quattro soldi ai diritti fondamentali di milioni di persone?
Ma tant'è: l'ignoranza regna sovrana.
Si venera il libero mercato ma si è disposti a cedere la propria
libertà.
A costoro propongo un vero affare: 100 milioni di euro in cambio del
completo ed insindacabile controllo su TUTTO ciò che possono dire, fare
o pensare dal momento della firma del contratto in avanti.
Chi ci stà?
Giacomo
------------------------------
Message: 2
Date: Sat, 1 Apr 2023 11:54:35 +0200
From: Alessandro Brolpito<abrolp...@gmail.com>
To: Enrico Nardelli<narde...@mat.uniroma2.it>
Cc:nexa@server-nexa.polito.it
Subject: Re: [nexa] ChatGPT disabled for users in Italy
Message-ID:
<CABkhOK_cX6=2tzUo5Ho6oENcgv5ihBh=t2s6zqfnbr6eoyq...@mail.gmail.com>
Content-Type: text/plain; charset="utf-8"
a differenza dei motori di ricerca che rispondono agli utenti con
qualcosa di realmente esistente sul web - fabbrica informazioni false.
Purtroppo anche il web contiene molte informazioni false, il tutto
amplificato da algoritmi predittivi che portano a risultati diversi ad
ognuno di noi, senza parlare di echo chambers o di epistemic bubbles...
Tra l'altro, ieri, appena successo, una persona "normale" (nel senso di una
persona non tecnica - ma speciale per me) mi scrive: "io non ci rinuncio!"
Installa un VPN e voilà è di nuovo connessa al servizio di
ChatGPT dall'Italia.
Ma è davvero così facile aggirare un blocco? E' legale usare un VPN?
Insomma la cosa è fuori controllo davvero, in tutti i sensi.
E dal momento che la questione è sempre più etica, legata ad un uso libero
ma critico, consapevole e responsabile di strumenti digitali, lo sviluppo
delle competenze digitali delle persone sembra l'unica soluzione che possa
funzionare.
Sarebbe bello lavorare su questo in lista, insieme.
Alessandro
On Sat, 1 Apr 2023 at 11:19, Enrico Nardelli<narde...@mat.uniroma2.it>
wrote:
A me pare che la decisione del Garante sia formalmente ineccepibile: sarò
lieto di leggere pareri difformi da parte degli avvocati esperti di privacy
presenti in lista.
Per il momento è un atto urgente del Presidente che il collegio deve
confermare entro 30 giorni (come immagino accadrà).
Però penso che quelli che ritengo siano i due punti principali contestati:
- la mancanza di un'informativa rispondente al GDPR sui dati raccolti
- la mancanza di un sistema di verifica dell'età
possano essere rimediati in un tempo sicuramente inferiore a 6 mesi (la
moratoria richiesta dalla famosa lettera).
Personalmente proverei a fare qualcos'altro, basandomi sulla legislazione
in materia di informazione al pubblico. Non sono un avvocato, quindi non
posso dire se sia fattibile, ma in sostanza qui abbiamo un sistema che - a
differenza dei motori di ricerca che rispondono agli utenti con qualcosa di
realmente esistente sul web - fabbrica informazioni false.
Questo difetto può essere corretto con molta più difficoltà e quindi
quest'approccio fornirebbe, se fattibile, una base legale per bloccare
l'uso di ChatGPT per un tempo molto più lungo.
Sia chiaro: non ritengo abbia senso bloccare ricerca e sviluppo in questo
settore, ma qui c'è qualcosa di equivalente (anzi, probabilmente superiore)
ad una tecnologia per costruire a costo irrisorio reattori nucleari
portatili. Possono essere un enorme vantaggio per tutti, ma possono essere
anche assai pericolosi. Una qualche forma di regolamentazione va trovata.
Aggiungo che un reclamo presentato negli USA alla Federal Trade Commission
da parte del Center for AI and Digital Policy (
https://s899a9742c3d83292.jimcontent.com/download/version/1680174583/module/8450182663/name/PRESS-CAIDP-OpenAI-FTC-Complaint.pdf)
cita, tra l'altro, la "consumer deception" come motivo per bloccare
l'utilizzo di questi strumenti.
Concludo osservando che il paragone con regimi autoritari mi sembra un po'
fuor di luogo: questo collegio non è espressione dell'attuale governo (che
comunque è il risultato di elezioni democraticamente svolte) ma del governo
Draghi.
Ciao, Enrico
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Prof. Enrico Nardelli
Presidente di "Informatics Europe"
Direttore del Laboratorio Nazionale "Informatica e Scuola" del CINI
Dipartimento di Matematica - Università di Roma "Tor Vergata"
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home page:https://www.mat.uniroma2.it/~nardelli
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non credo a nessuna liberazione né individuale né collettiva
che si ottenga senza il costo di un’autodisciplina,
di un’autocostruzione, di uno sforzo
italo calvino
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Maurizio Lana
Università del Piemonte Orientale
Dipartimento di Studi Umanistici
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