Mi è sembrato più sottile di così.

Ciò che mi ha fatto riflettere nell'articolo è che l'autrice evidenzia le spinte ambientali, a partire dall'infanzia, che contribuiscono a sviluppare una personalità più incline al narcisismo e decretano la cattura da parte delle piattaforme che vivono di oversharing.

Vedo spesso bambini *sempre* al centro dell'attenzione degli adulti, magari anche solo per assicurarsi che stiano ben incollati al tablet.

Forse un certo senso di privacy nasce dal fatto che si viene lasciati in pace, ignorati, liberi di decidere cosa fare e lasciati a se stessi per un qualche tempo.

Non so se qualcuno se ne è occupato in qualche progetto di ricerca sociale/psicologica, ma mi è parso uno spunto interessante.

Alberto


On 02/05/22 13:48, Marco Fioretti wrote:
On Mon, May 2, 2022 at 08:58, Alberto Cammozzo via nexa <nexa@server-nexa.polito.it> wrote:

    I have grown up in a generation that overshares in order to be
    heard. Only through the slow, gruelling process of learning to be
    private...


In pratica, se ho afferrato bene, è solamente, finalmente passato all'età adulta. No?

Marco

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