L‘attivismo è in crisi o, quantomeno è in una situazione di forte
mutamento, almeno se consideriamo la riduzione del numero di volontari
e attivisti iniziata in Italia nel nuovo millennio e proseguita in
contrasto con le tendenze europee. [...]

In un quadro del genere si dedicano all’attivismo solo persone
contraddistinte da una fortissima motivazione, spesso coincidente con
una particolare connotazione ideologica e politica, ma quella stessa
fortissima motivazione, per buona parte della popolazione, è motivo di
diffidenza: gli attivisti per i diritti dei migranti diventano quindi
nella percezione comune dei soggetti strani, anormali e “diversi”,
forse ancora più “diversi” di quanto non lo siano gli stessi migranti.

La trappola dell’attivista è proprio questa: se un’iniziativa di
attivismo risponde a una compressione dei diritti, più sarà forte
quella compressione maggiori saranno le risposte degli attivisti ma
questo impatterà sulla percezione della maggior parte della
popolazione; gli attivisti che se ne occuperanno saranno soprattutto i
soggetti più “divergenti” rispetto alla maggior parte della società, ma
così facendo la società può percepirli come veri e propri estranei e
scatenare i propri anticorpi su di essi. [...]

# La crisi dell’attivismo e la necessità di riorganizzarsi nella
  società cibernetica

Di fronte a queste sfide, l’attivismo tradizionale sembra trovarsi in
stallo, ma già alcune organizzazioni si stanno dotando di competenze
digitali e cultura informatica tali non solo da riuscire a inquadrare
correttamente il fronte di battaglia, ma anche da capire come e dove
rilevare i segnali precursori di quelle che potranno essere politiche
repressive su vasta scala.

Abbiamo visto come la sensibilità antiabortista di alcuni stati
americani abbia facilitato la persecuzione delle donne che si sono
avvalse del supporto di app del tracciamento del ciclo siano state e
dobbiamo prestare attenzione a come il controllo delle preferenze
sessuali potrebbe essere promosso in quei casi in cui si correla con la
diffusione di focolai epidemici.

Un altro caso è quello dei governi che forzano le politiche di
sorveglianza approfittando del consenso generale del pubblco sul
controllo dell’immigrazione. Se la popolazione riflettesse sul fatto
che progetti a dir poco distopici come iBorderCTRL, oggi finalizzati al
tracciamento e al respingimento dei migranti, potrebbero essere già
utilizzati per limitare il diritto alla circolazione dei cittadini
regolari, forse questo diverrebbe un argomento di discussione più
dibattuto.

Purtroppo però, per il grande pubblico non solo il migrante non sembra
meritare la tutela dei diritti umani, ma chi si occupa dei suoi diritti
appare come un molesto disturbatore animato da manie di protagonismo o
rispondente a chissà quali committenti nemici della nazione; e forse
uno dei casi più gravi di spionaggio a scapito di giornalisti e
attivisti, da parte di strutture riconducibili al governo è ormai
scivolato praticamente in fondo all’agenda politico-mediatica del
nostro Paese proprio perché ha riguardato attivisti che si occupano
della tutela di migranti.

Se volessimo ancora scandagliare le categorie che nel grande pubblico
provocano comunemente sentimenti di indifferenza se non di accanimento,
troveremmo i detenuti delle carceri; ed è curioso che uno degli
esperimenti più vasti di punteggio sociale mai realizzato nel mondo
occidentale ha riguardato le carceri dell’Arizona. Come immaginabile,
in quel caso, il software utilizzato dal Dipartimento carcerario
dell’Arizona non riusciva a identificare i soggetti meritevoli da
quelli non meritevoli, ma lo scandalo (emerso solo grazie a un
whistleblower) non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato: anche in
questo caso, il pubblico non ha capito che “i galeotti” spesso sono le
cavie di sperimentazioni che possono poi essere estese alla grande
massa dei cittadini.

Quando poi l’obiettivo non è solo quello di colpire categorie invise
alla maggioranza della popolazione o a una certa base elettorale, ma a
veri e propri criminali, come pedofili e trafficanti di materiale
pedopornografico, anche le istituzioni solitamente più sensibili ai
diritti personali arrivano a rinnegare in maniera indiscriminata a
tutti i cittadini alcuni “diritti sacri”, come quello alla riservatezza
della corrispondenza messo a repentaglio dal regolamento europeo CSA,
già chiamato #chatcontrol dai detrattori. [...]

I lavoratori delle piattaforme tecnologiche hanno infatti dovuto
misurarsi sia con la riconquista dei diritti ritenuti acquisiti, come
il diritto alla rappresentanza sindacale, sia con le nuove frontiere
determinate dalle mutate condizioni di lavoro attraverso per esempio la
costituzione di vere e proprie associazioni non necessariamente legate
ai sindacati tradizionali. [...]

Nel caso della privacy si aggiunge inoltre una sorta di
desensibilizzazione, quasi di rimozione del problema da parte del
pubblico; la sensazione di “non avere nulla da nascondere” è un
processo di autoconvincimento. [...]  Il “sono vaccinato e quindi non è
un problema mio” somiglia molto al “non ho niente da nascondere”, sia
per la evidente rassegnazione che traspare, sia per la scarsa
consapevolezza su quanto sia importante la tenuta della propria libertà.

Questo tipo di desensibilizzazione diventa ancor più incredibile quando
gli stessi utenti cercano di convincersi che in fondo le BigTech si
impegnano in prima persona nella difesa dei dati personali degli utenti
[...] usare il sistema di messaggistica più diffuso tra i propri
contatti, guardare una quantità pressoché illimitata di video, disporre
di un cloud quasi infinito è un servizio oggettivamente di valore e non
è facile capire che quel valore è di diversi ordini di grandezza minore
rispetto a quello ottenuto dalle Big Tech. [...]

Come ci hanno insegnato gli studi più acuti sulla privacy nell’era
digitale, ogni persona che rinuncia alla propria privacy costituisce
una minaccia per il diritto alla privacy delle altre persone: [...]
può facilitare la sorveglianza di massa e l’abuso dei dati personali da
parte di terzi.

____

Continua su:

https://archive.is/Exurp

https://web.archive.org/web/20250314135639/https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/la-crisi-dellattivismo-cosa-puo-insegnarci-la-battaglia-per-la-privacy/


Giacomo

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