Buongiorno... > Si potrebbe dire che è l'esperienza soggettiva dei fenomeni?
Temo che sia una strada impervia, per quanto affascinante, quella di provare a definire la coscienza. Marvin Minsky collocava la parola "coscienza" tra le "parole con la valigia" ossia "con dentro un'accozzaglia di idee differenti", mi trovo sorprendentemente d'accordo con la sua analisi, per quanto dissenta dalle sue conclusioni (ossia che invece di definirla basterebbe guardare come funzionano le macchine digitali perché quelle ci offrono finalmente un paradigma funzionante per i problemi complessi). Forse sarebbe meglio muoversi in direzione ostinata e contraria a Turing e, invece di concentrarci sulle cose in comune tra noi e l'Ai (il test di Turing in origine, oggi la capacità di manipolare simboli in maniera da creare frasi a cui noi umani diamo un senso), provare a concentrarci invece sulle differenze. ChatGPT, lasciato a sé stesso, rimane quietamente in attesa di un prompt. Anche la versione creata nell'esperimento descritto ha bisogno di un "avvio" dato dall'interazione non con il mondo, ma col prompt creato da un umano. Zero input = zero output. Il mio corpo/anima/coscienza(?) invece, per quella che è l'esperienza che ne faccio io se tento di meditare, non sta in quiete mai. Nemmeno quando dormo. Esso genera continuamente pensieri coscienti o incoscienti (modalità di pensiero, quella inconscia, di cui non abbiamo alcuna evidenza nei modelli linguistici guardacaso), senza alcun prompt. Meglio: il prompt è la mia esperienza di vita che io interpreto attraverso questo flusso di pensieri con un esercizio di pensiero narrativo ossia quella modalità di produzione del pensiero, osservata per ora solo nell'uomo, che secondo Jerome Bruner serve a dare un senso all'esperienza del soggetto. Calvino sembrerebbe accordare con l'idea che solo gli umani sono capaci di pensiero narrativo quando in "Cibernetica e Fantasmi. Appunti sulla narrativa come processo combinatorio" immagina una macchina letteraria in tutto e per tutto analoga a ChatGPT: Il] procedimento della poesia e dell’arte [...] è analogo a quello del gioco di parole; è il piacere infantile del gioco combinato- rio che spinge il pittore a sperimentare disposizioni di linee e colori e il poeta a sperimentare accostamenti di parole [...]. [La] letteratura è sì un gioco combinatorio che segue le pos- sibilità implicite nel proprio materiale, indipendentemente dalla personalità del poeta, ma è gioco che a un certo punto si trova investito d’un significato inatteso [...]. La macchina letteraria può effettuare tutte le permutazioni possi- bili in un dato materiale; ma il risultato poetico sarà l’effetto particolare d’una di queste permutazioni sull’uomo dotato d’una coscienza e d’un inconscio, cioè sull’uomo empirico e storico, sarà lo shock che si verifica solo in quanto attorno alla macchina scrivente esistono i fantasmi nascosti dell’in-dividuo e della società. Ovviamente queste riflessioni non ambiscono in alcun modo a risolvere la "disputa", sono giusto alcune delle informazioni che mi fanno convinto che le macchine di oggi non hanno alcun dialogo interiore. Pure per il futuro mi sa che Kurzweil e compagni resteranno parecchio delusi. Insieme ai nipoti dei loro nipoti, se è per questo. > Sarebbe una cosa un po' magica e c'è ben poco di magico nei piani della > cosiddetta AI e molto di egemonico. I couldn't agree more. Stefano