Credo che la guerra _nell_'informazione si faccia da prima che fosse disponibile l'_automazione_ del trattamento dell'informazione, che rende la nostra una società industriale dell'informazione con vari nomi: disinformazione/propaganda/psy-ops/info-ops.

Mi hanno sorpreso gli esempi storici poco noti che ho trovato qui:

<https://www.theguardian.com/commentisfree/2022/mar/30/putin-lie-machine-history-untruths>

<https://www.independent.co.uk/news/uk/home-news/return-of-the-chindits-mod-reveals-cunning-defence-plan-10014608.html>

Di recente è stato pubblicato anche "Info Ops: From World War I to the Twitter Era" Ofer Fridman (editor), Vitaly Kabernik (editor), Francesca Granelli (editor), Lynne Rienner Publishers, Inc. 2022

Disinformare in modo automatico oggi: 1) costa molto meno, 2) si può fare in modo più mirato e capillare e 3) se fatta bene la menzogna può essere più convincente (deepfakes, etc).

Come ogni attività industriale, a fronte di un investimento iniziale può rendere molto se usata in scala. D'altro canto è vero che vi sono mezzi automatici anche (a chi ha competenza e voglia) verificare i fatti (es. Bellingcat)

L'industrializzazione della disinformazione è una branca del marketing, l'arte di convincere [*]: ciò che cambia è lo scopo (politico/militare e non solo commerciale) ed è alla portata di molti, non solo degli Stati.

Aggiungerei a quello evidenziato da Giovanni l'effetto che provoca l'inquinamento di uno spazio dialettico (ed emotivo) da parte di un profluvio di notizie fortemente emotive, seguite dalla loro smentita e dalla smentita della smentita.

A lungo andare rischiamo che tale spazio venga dominato o da posizioni emotive estreme o dallo scetticismo e dall'incredulità a qualsiasi notizia.

In un quadro di dubbio ed incertezza generale, una notizia (od opinione) che non piaccia o venga ritenuta dannosa può essere considerata (anche in buona fede) falsa fino a prova contraria, portando il pubblico ad essere o partigiano o scettico-disilluso. O pilotati o indifferenti.

Riportandoci all'origine storica del dibattito sulle fake news in occidente (cioè al Critone e a La Repubblica), non si tratta più di decidere in che misura ammettere il sofisma, il "rendere più forte il ragionamento più debole", né di considerare lecito l'impiego della "menzogna-farmaco" il cui uso secondo Platone "va concesso ai medici": la weaponization delle emozioni e delle opinioni può sia demolire il dissenso che rischiare di minare quel poco che resta di partecipazione critica alla polis.

Alberto

PS: Sarebbe interessante analizzare con gli occhi del marketing il "ALLIED JOINT DOCTRINE FOR INFORMATION OPERATIONS" NATO, unico "manuale" operativo di info-ops pubblicato <https://www.gov.uk/government/publications/allied-joint-doctrine-for-cyberspace-operations-ajp-320>

On 15/04/22 11:18, maurizio lana wrote:
la società in cui viviamo è spesso chiamata società dell'informazione.
già un gruppo di cacciatori paleolitici ha però bisogno di condividere e far circolare informazione se vuole riuscire a raggiungere e uccidere un bufalo. cioè se vuole essere in grado di sopravvivere. di qui la domanda che faccio sempre ai miei studenti: perché oggi ci chiamiamo "società dell'informazione" se l’informazione è sempre stata necessaria per il funzionamento delle società umane? qui mi pare che ne appaia un aspetto: la guerra si fa _nell_'informazione, mentre 'prima' servivano informazioni per fare la guerra. una trasformazione continua per cui il campo di battaglia si allarga, vengono coinvolti sempre più i civili, il terreno di scontro non è più solo o prevalentemente lo spazio fisico ma è anche il mondo digitale - in quanto le persone _vivono_ nel mondo digitale.
quindi è ovvio che venga progettato e prodotto del "cognitive warfare".

la grande questione è come ci si difende da esso - e che se i cittadini non sono capaci dal basso di difendersi da esso, allora gli Stati si vedono motivati a intervenire dall'alto. sullo sfondo il fatto che il 97% dei cittadini vive nel mondo digitale dell'informazione senza saperlo; poi c'è un 2% che sa che il mondo digitale è virtuale (!), poi ci sono gli altri, di cui sono parte quelli che discutono di queste cose in nexa.
Maurizio



Il 15/04/22 10:30, Giovanni Leghissa <giovanni.leghi...@unito.it> ha scritto:
Message: 3
Date: Thu, 14 Apr 2022 16:58:21 +0200
From: Giovanni Leghissa <giovanni.leghi...@unito.it>
To: Nexa <nexa@server-nexa.polito.it>
Subject: [nexa] cognitive warfare
Message-ID:
<cabhx+owskvmua-1svmaw3jb9sb+jsy_5o3yhtxshhnnxkse...@mail.gmail.com>
Content-Type: text/plain; charset="utf-8"

Due articoli sullo stesso tema: cognitive warfare come nuovo teatro di
operazioni

(Non penso siano questioni off topics)


https://warontherocks.com/2022/04/new-tech-new-concepts-chinas-plans-for-ai-and-cognitive-warfare/


https://www.cnas.org/publications/reports/dangerous-synergies


Ci terrei a qualche commento, per la ragione seguente. Dalla lettura di
questi (e di molti altri testi sul tema: ho scelto di condividere qui
questi perché brevi e incisivi) io ricavo l’impressione che in un prossimo
futuro voci di dissenso verso l’assetto politico-istituzionale delle
democrazie occidentali  rischieranno di venir represse o silenziate in
quanto segnali della conquista, da parte del nemico, delle menti di coloro
che di quel dissenso si saranno fatti portatori.

Ma forse sbaglio. Sarei davvero ansioso di avere un’impressione da parte
della lista.
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|mural of Giulio Regeni in Mohammed Mahmoud Street, Cairo
the source is https://alwafd.news/images/thumbs/752/new/027f918bb62bf148193d5920ca67ded7.jpg the meaning of the place https://www.bbc.com/news/world-middle-east-20395260|
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Maurizio Lana
Dipartimento di Studi Umanistici
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