Buongiorno,
seguo quando e come riesco le molte indicazioni utili che trovo in
lista, ultimamente su SPID ecc.
Mi occupo di ridurre l'alienazione tecnica, cioè l'abisso che separa gli
esseri tecnici e gli esseri umani. Soprattutto in ambito digitale.
Questa alienazione è molto spesso alla base di altre alienazioni
(economica, psicologica, sociale, ecc.). L'idea è ripresa dal filosofo
G. Simondon.
In questo senso mi riconosco nella categoria di hacker e linuxari, da
quando GNU/Linux è alla mia portata (ca. 2003, debian woody o qualcosa
del genere). Ma non sono un fondamentalista, prima me la facevo con
Windows e DOS, e poi anche con altri, visto che nell'editoria continua a
vigere l'impero Apple (assurdamente continuativo nonostante il passaggio
da OS9 a OSX, un BSD-derivato!), e nel resto del mondo Windows (sempre
meno usabile, ma ormai spacciato come "open", fra powershell e
github...), per non parlare di quell'obbrobrio di chiusura e
complicazione di un software libero che è Android. E così via.
Ho una formazione classica, non ho studiato informatica istituzionale.
Da un decennio le cose sono cambiate, ma relativamente pochi hacker e
linuxari lo hanno fatto, AFAIK.
La mia impressione generale è che si stiano polarizzando due posizioni
ideali poco rispondenti alla realtà concreta. Non solo in alcune
discussioni di questa lista, ma più in generale in vari ambiti.
Sulla scena si rappresenta da una parte una massa di persone non
linuxare, non hacker, non smanettone, non open ecc. (definizioni a mio
parere niente affatto simili), che subiscono le "innovazioni digitali".
Dall'altra, linuxari, hacker, smanettoni, pro-open-source ecc.,
percepiti spesso come un'élite chiusa e spocchiosa, che sembrano imporre
tali "innovazioni digitali". O quantomeno saperle governare, o sapersi
destreggiare.
Vero, il suprematismo nerd esiste, e non è cosa buona. Però sono stati
compiuti parecchi passi in avanti sulla strada della collaborazione,
almeno da quando era ovvio e scontato dover soffrire sulle pagine di
"man" e poter mostrare le piaghe per poter essere presi in
considerazione. Oggi che le macchine digitali sono ovunque ci sarebbero
moltissime occasioni per ridurre l'alienazione tecnica.
Ad ogni modo, nella mia esperienza, esiste una linea di demarcazione più
rilevante (per quanto sempre mobile e mai netta): quella tra le persone
che perlopiù si adattano a ciò che esiste, magari sbuffando e
recalcitranti; e quelle che invece no, non si adattano, o si adattano
meno. Vale nella relazione al digitale come in altri ambiti. hacker per
me sono le persone che assumono un'attitudine di non conformità.
A questa demarcazione non netta si sovrappone un'altra polarità, con
moltissime gradazioni: quella fra chi in definitiva si arrende a
contribuire al sistema industriale (anzi: militare-industriale), e chi
un po' meno.
La maggior parte degli hacker, e anche dei linuxari lavora direttamente
o indirettamente per il sistema militare-industriale. Per non parlare di
quel capolavoro di cooptazione e sfruttamento noto come open source (non
che il software libero sia la risposta, vedi alla voce suprematismo
nerd). Magari si è fatto incastrare, magari per ingenuità. In effetti ha
messo la propria non-conformità, la propria riluttanza ad adattarsi al
servizio di una visione del mondo alienata e alienante. I sistemi
digitali globali di cui le cosiddette persone comuni spesso si lamentano
non potrebbero esistere senza il loro contributo fattivo. Forse ora,
dopo quarant'anni abbondanti di collaborazione, questi hacker sarebbero
sostituibili con manodopera prezzolata, conformista e conforme, legioni
di brogrammer smidollati, ma ne dubito. Ci vuole sempre qualcuno che ci
crede....
L'informatica militare-industriale è, a mio parere, ciò che contribuisce
enormemente all'accelerazione dell'alienazione tecnica e, quindi,
all'obsolescenza programmata degli esseri umani oltre che degli esseri
tecnici. Questi ultimi potrebbero essere amici e affini, come nella
migliore tradizione hacker [1], e invece sono percepiti come ladri di
posti di lavoro, inutili complicazioni, inevitabili forche caudine a cui
sottomettersi, rappresentanti della tecnoburocrazia, ecc.
La punta dell'iceberg, osannata dai media (fra i grandi responsabili
dell'alienazione tecnica), è la follia della corsa allo spazio (SpaceX,
BlueOrigin, ecc.). L'iceberg "sommerso" è il mondo di oggi, a partire
dai sistemi messi in campo negli ultimi vent'anni nell'ambito della
cyberguerra, del commercio globale, dell'automazione logistica, del
marketing pervasivo, della manipolazione comportamentale costante
(nudging, gamification, ecc.), delle criptovalute, della
finanziarizzazione dell'arte e di ogni altra cosa.
Faccio fatica a biasimare chi si è lasciato incantare dalle sirene del
Progresso Tecnologico per il Bene dell'Umanità. Venti o trent'anni fa
ero convinto della distopia imminente, ma anche ragionevolmente certo
che ci fossero grandi potenzialità. Sono stato risparmiato dalla
cooptazione più per ragioni caratteriali (scetticismo) e per coincidenze
fortuite (prestito ponte ad Alitalia > sfuma il contratto in università,
ecc.) che per salde convinzioni ideologiche. Ma ho l'impressione che
molte di queste persone un tempo incantate siano terribilmente disilluse
e frustrate, e che questa disillusione e frustrazione sia analoga alla
mia. Almeno nelle sue motivazioni interpersonali e sociali.
Un esempio tratto dalla mia esperienza personale.
Durante la prima fase della pandemia ho passato parecchie giornate
online a insegnare ad amici e amici di amici ecc. come destreggiarsi e
organizzarsi con Jitsi, BBB, Nextcloud ed Etherpad, i principali sistemi
che abbiamo individuato come appropriati per rispondere a esigenze di
collaborazione sincrona e asincrona.
Poi, frustrato e deluso, ho smesso.
Dopo un iniziale entusiasmo, quasi tutti gli amici, amici di amici e
persino lontani conoscenti hanno cominciato a preferire Zoom, Google
Meet-Classrom, M$ Teams, Office 365, etc.
Dopo avermi sfiancato di richieste, hanno optato per la via cibernetica
militare-industriale, perché "funziona meglio", "è più semplice", "lo
usano tutti", "non ho tempo per imparare un'altra cosa", "è impossibile
far cambiare idea in azienda", "a scuola usano quello", "è gratis", ecc.
Uso volutamente un termine desueto, perché penso non sia affatto
desueto. La grande industria è strutturalmente militare nel senso che
richiede un'organizzazione gerarchica di tipo militare, in cui si
obbedisce a chi comanda, e si comandano i sottoposti. La spina del
comando di cui parla Canetti è ciò che tiene incatenati gli ingranaggi
umani e meccanici della grande industria. Essa richiede anche contatti
con i vertici degli apparati statali (funzionari sempre al loro posto,
ben più importanti dei politici che vanno e vengono), per finanziamenti,
scambi di favori, ecc. L'industria cibernetica informatica non fa
eccezione, e, anzi, è molto esplicita in questo senso: architetture
server-client, master-slave; command line; e così via. O anche più
prosaicamente, i data center dove ronzano i server dei GAFAM (ehm,
GAMAM?) sono strutture militarizzate, con guardie armate, e sono centri
nevralgici esposti ad attacchi militari. Non è mai stato un segreto, ma
pare normale e normalizzato, infatti nessuno si scandalizza che ci
vogliano login e password per "essere ammessi digitalmente", come
utenti. Proprio come quando si devono dichiarare le proprie generalità a
un'autorità poliziesca.
L'alienazione tecnica è questa. Un comportamento che (confido!) sarebbe
percepito come inquisitorio e abusivo se tenuto da un essere umano (es.
un privato cittadino per strada che ci chiede di identificarci e di dare
una parola d'ordine), viene ritenuto ovvio, scontato e inevitabile nel
sistema attuale.
Non lo è. Eppure molti amici, amici di amici, e conoscenti di ogni
ordine e grado vi si adattano...
Perché dovrei quindi, da hacker e linuxaro, impegnarmi per spiegare,
rendere accessibile ecc. cose tipo lo SPID, un sistema che non ho voluto
né implementato e che mi ripugna profondamente?
Beh, certo: perché anche io ho ceduto allo SPID. Nel mio caso, avendo un
conto a poste italiane, l'ho aperto lì. era gratuito... Non è stato
facilissimo, ma in ogni caso evito di usare la loro app. mi faccio
mandare SMS. C'è un bug per cui al primo tentativo da desktop viene
risposto sempre "accesso negato, credenziali non corrette" e viene
proposto di installare l'app. Bisogna cercare nell'interfaccia e
scovare, nascosto, dove si può farsi rimandare l'SMS. Al secondo
tentativo funziona. Riesco ad usarlo così, senza app, solo perché di
mestiere sviluppo la pedagogia hacker e l'ho applicata a questo caso
concreto.
per fortuna (se può chiamarsi fortuna) anche mio papà ha un conto alle
poste, così lo SPID l'abbiamo risolto con SMS anche per lui. Ma non è
certo una buona soluzione.
Ho la sensazione che, hacker e non hacker (ma cmq l'hacking è
un'attitudine, non un'identità sostanziale... ovvero hacker si può
diventare, e viceversa si può disimparare), la questione più rilevante
sia imparare a porre le domande appropriate. Quella del "perché dovrei
sporcarmi le mani?" è una cattiva domanda. sicuramente suprematista e
rivendicativa, nel profondo. Una buona domanda è: "mi piace come stanno
le cose?". Se no, è il caso di darsi da fare.
D'altra parte, bombardare qualcuno che si ritiene "esperto" di richieste
e domande nella forma "non funziona come faccio?", "internet non va, la
fai funzionare?", non sono buone domande, e portano spesso a rifiuto,
disinteresse e incomprensioni. Ne faccio un po' una caricatura, ma è
singolare che l'esistenza dei sistemi tecnici venga "rilevata" quasi
sempre in situazioni di guasto. A me pare incredibile che arrivino le
email (un sistema davvero complesso!), che si risolvano i DNS, mi pare
ovvio che la rete di base NON FUNZIONI, soprattutto visto che molti la
usano e pochi se ne curano, e quei pochi molto raramente sono mossi da
nobili intenzioni e molto spesso da ansia di profitto e controllo.
A meno che non si ricorra a manodopera schiavile, come accade oggi:
schiere di server che servono, che minano criptoidiozie, che spammano,
che spiano, che streammano spettacoli di bassa qualità, che diffondono
disinformazione, che inviano messaggi social di cui si potrebbe fare a
meno...
Ma la cosa peggiore che spesso l'esperto fa, secondo me, è decidere di
"risolvere" la cosa a modo suo, cioè di assumersi una delega
tecnocratica. Immersa in un sistema cibernetico militare-industriale,
questa delega tenderà ad assumere le forme del controllo e del comando
gerarchizzato.
Questo rende l'esperto solo apparentemente più libero. Wiener conclude
così il suo divulgativo "L'uso umano degli esseri umani":
"Allorché le persone umane sono organizzate nel sistema che li impiega
non secondo le loro piene facoltà di esseri umani responsabili, ma come
altrettanti ingranaggi, leve e connessioni, non ha molta importanza il
fatto che la loro materia prima sia costituita da carne e da sangue.
*Ciò che è usato come un elemento di una macchina, è un elemento nella
macchina*. Sia che noi affidiamo le nostre decisioni a macchine di
metallo o a quelle macchine viventi che sono gli uffici, i grandi
laboratori, gli eserciti o le società industriali, non avremo mai la
risposta giusto alle nostre domande a meno di non porre le domande giuste."
Così stavano le cose nel 1950. Qualche anno dopo, Lewis Mumford
denunciava i "piccoli Eichmann" che contribuiscono alle Megamacchine. La
situazione odierna non è molto diversa, al di là degli schermi tattili e
delle altre "innovazioni" del mercato.
Non so se siamo tutti sulla stessa barca. Sono convinto però che una
quota considerevole dei sistemi cibernetici attuali sia nociva più che
inutile e vada abbandonata, disertata in massa. Tutti i sistemi
cibernetici militari-industriali, per cominciare, cioè i GAMAM e affini.
Al tempo stesso la questione delle alternative va posta nei termini di
domande appropriate prima ancora che di risposte, cioè di tecnologie
alternative che rispondono a esigenze chiare ed esplicite, non a una
vaga necessità di potenza e conformismo generalizzato.
Ad esempio, il fatto che si diffondano sempre più formulari
standardizzati a risposte chiuse per valutare la preparazione degli
studenti è una chiara spia del fatto che quelle domande non sono
appropriate.
Ma qui il discorso si prolungherebbe in maniera indefinita, s'è fatto
tardi e c'è parecchio da fare,
buona giornata
k.
[1] Quella che nella cultura occidentale risale, magari senza saperlo,
almeno Ctesibio, a Erone di Alessandria, ad Archimede. Gente che faceva
macchine per il teatro (per divertire educando, educare divertendo) e
che temeva l'uso improprio di quelle macchine.
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